Usura: interessi corrispettivi e moratori; riduzione giudiziale degli interessi moratori eccessivi; riduzione ad equità d’ufficio subordinata agli oneri probatori di parte
Si ritiene configurabile l’usura anche con riferimento agli interessi moratori. Posto quindi che lo scrutinio sulla non usurarietà va effettuato sia sugli interessi corrispettivi, sia sugli interessi moratori, va altresì chiarito che la verifica dell’eventuale superamento del tasso soglia deve essere autonomamente eseguita con riferimento a ciascuna delle due categorie di interessi, senza sommarli tra loro. Con riferimento alle conseguenze giuridiche dell’usurarietà degli interessi moratori si ritiene non condivisibile la soluzione, di recente fatta propria dalla già menzionata ordinanza da Cassazione civile n. 23192 del 2017, secondo cui la clausola sugli interessi moratori convenzionali usurari sarebbe da assoggettare all’art. 1815 comma 2 c.c., sul presupposto che tale norma prevede il rimedio specificamente deputato a contrastare il fenomeno degli interessi usurari. Difatti, gli interessi corrispettivi ineriscono alla “fisiologia” del mutuo e coprono il periodo contrattualmente previsto per il finanziamento, costituendo in sostanza il “prezzo” del credito erogato, mentre gli interessi moratori riguardano la fase “patologica” dell’operazione, intervenendo quando il mutuatario non paga quanto dovuto per la restituzione del denaro ricevuto in prestito. Ciò induce ad assimilare l’interesse (convenzionale) di mora, quale strumento risarcitorio del danno in misura predeterminata e forfettaria, alla clausola penale, con la conseguenza che si rivela percorribile la via della riduzione secondo equità della penale, prevista dall’art. 1384 c.c., che appare applicabile a tutte le clausole contrattuali che determinano in maniera anticipata una pena in capo alla parte inadempiente. In particolare, la riduzione giudiziale degli interessi moratori eccessivi si giustifica, oltre che in ragione dell’inquadramento dei medesimi come clausola penale, sul presupposto che la sanzione prevista dall’art. 1815 comma 2 c.c. si applica ai soli interessi corrispettivi e che neanche la nullità per violazione di nome imperative sancita dall’art. 1418 comma 1 c.c. può trovare spazio, in quanto per gli interessi moratori usurari, sussistendo un rimedio legislativo diverso dalla nullità (ossia, per l’appunto, la riduzione del tasso ex art. 1384 c.c.), si rientra nell’inciso finale della disposizione, che esclude la nullità pur in ipotesi di contrasto con norme imperative quando “la legge disponga diversamente”. Il potere di riduzione ad equità, attribuito al giudice dall’art. 1384 c.c. a tutela dell’interesse generale dell’ordinamento, può essere esercitato d’ufficio, ma l’esercizio di tale potere è subordinato all’assolvimento degli oneri di allegazione e prova, incombenti sulla parte, circa le circostanze rilevanti per la valutazione dell’eccessività della penale, che deve risultare “ex actis”, ossia dal materiale probatorio legittimamente acquisito al processo, senza che il giudice possa ricercarlo d’ufficio.