Testimonianza indiretta e testimonianze raccolte in un diverso giudizio: rilevanza nel processo

La testimonianza indiretta è la deposizione di persona che ha solo una conoscenza indiretta di un fatto controverso, “de relato actoris” o “de relato” in genere: i primi depongono su fatti e circostanze di cui sono stati informati dal soggetto medesimo che ha proposto il giudizio, così che la rilevanza del loro assunto è sostanzialmente nulla, in quanto vertente sul fatto della dichiarazione di una parte del giudizio e non sul fatto oggetto dell’accertamento; i secondi depongono invece su circostanze che hanno appreso da persone estranee al giudizio, quindi sul fatto della dichiarazione di costoro, e la rilevanza delle loro deposizioni si presenta attenuata perché indiretta, pur potendo assumere rilievo ai fini del convincimento del giudice, nel concorso di altri elementi oggettivi e concordanti che ne suffragano la credibilità. Il giudice del merito può utilizzare le prove raccolte in un diverso giudizio tra le stesse o tra altre parti, delle quali la sentenza che in detto giudizio sia stata pronunciata costituisce documentazione, con l’avvertenza che la valutazione del materiale probatorio non va limitata all’esame isolato dei singoli elementi ma deve essere globale nel quadro di un’ indagine unitaria ed organica che, ove immune da vizi di motivazione, costituisce un apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, e l’unitarietà e l’organicità nella valutazione vanno apprezzate con riferimento al nucleo essenziale dei fatti rilevanti ai fini del decidere. Ciò posto è errato qualificare le prove raccolte nell’altro giudizio come prove “indirette” a fronte della prova “piena” raccolta nel giudizio, così istituendo una sorta di gerarchia tra le prove testimoniali raccolte negli altri giudizi, ritenute “inferiori”, e quelle raccolte nel giudizio, ritenute “superiori” [Cassazione civile, sezione prima, sentenza del 15.1.2015, n. 568].

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