Tabelle del danno biologico: sì alle tabelle romane e no a quelle milanesi perché non c’è un orientamento nomofilattico univoco

 Tra i possibili criteri di liquidazione utilizzati in giurisprudenza, si ritiene di applicare quello risultante dalle tabelle del Tribunale di Roma di più recente pubblicazione, ossia quelle relative al 2018, basato sulla attribuzione di un importo predeterminato per ogni punto di invalidità permanente.

Non si condivide l’orientamento espresso dalla corte di Cassazione nella decisione della III sezione del 7 giugno 2011, n. 12408, nel quale si individuano dei criteri di riferimento concreti basati su principi che non appaiono al momento essere corrispondenti ai valori costituzionali ed alle indicazioni dei criteri previsti dalla legge, quali la valutazione del danno non patrimoniale secondo un incremento percentuale del biologico fino al 25% per un pregiudizio fino al 9% che cresce e fino al 50% per pregiudizio a partire dal 34% e rimane invariato fino al 100%, mentre per la personalizzazione si introduce un criterio che fissa il tetto più alto ai danni meno elevati e fissa un tetto massimo del 25% dal 34 fino al 100%, essendo evidente che, in presenza di lesioni a interessi costituzionalmente rilevanti maggiori, coincida la necessità di valutazioni che siano funzione diretta del pregiudizio correlabile al danno biologico (non si comprende perché in caso di pregiudizio fino al 9% possano essere liquidati importi fino al 50% mentre per pregiudizi del 90% possano essere liquidati importi ulteriori fino al 25% e ciò secondo criteri di norma essendo evidente che nei singoli casi si può divergere da tali criteri ma la divergenza deve rimanere la eccezione e non la regola essendo altrimenti errato il criterio) e non secondo criteri di funzionalità inversa (al crescere del primo parametro diminuisce il secondo) come ipotizzato dalle tabelle “Milanesi” cui fa riferimento la decisione citata, scelta che appare di difficile conciliazione con l’articolo 3 della Costituzione.

D’altra parte le sentenze successive alla sentenza n. 12408/2011, ad esempio quelle n. 14408/2011, 18641/2011, 16 febbraio 2012, n. 2228 e quelle più recenti, sempre della Sez. III, 28 febbraio – 3 ottobre 2013, nn. 22585 e 22604, hanno in parte modificato l’assunto della sentenza facendo ritenere ancora oggetto di discussione la ricostruzione di un orientamento univoco della Corte di Cassazione sul punto, tenuto anche conto che il risarcimento previsto dalle tabelle di Roma è comunque in linea con quanto deriverebbe dalla applicazione delle tabelle Milanesi (cfr Cass. Sez. III, 17 gennaio 2018, n. 913) salva una più attenta e prevedibile individuazione dell’importo.

 

 

Tribunale di Roma, sezione tredicesima, sentenza del 12.02.2019