Tabella Milanesi di liquidazione del danno non patrimoniale: ecco perché Roma le critica

I rilievi che possono essere mossi verso la Tabella licenziata dal Tribunale di Milano nel 2018, sono così riassumibili:

1. si manifesta in modo evidente l’attenuazione di una delle funzioni primarie delle Tabelle, vale a dire la prevedibilità della decisione.

Si tratta di un valore fondamentale perché la possibilità di pervenire ad accordi prevenendo un contenzioso, ovvero facendolo cessare una volta accertato l’an debeatur, passa proprio attraverso l’attitudine della tabella di indicare nel modo meno approssimativo possibile, l’esito dell’operazione di quantificazione della somma destinata al risarcimento, in presenza di un certo numero di dati noti e a disposizione (quali convivenza, età della vittima e dei superstiti etc.);

 

2. risulta difficile che anche in presenza di dati noti e a disposizione (convivenza, età della vittima e dei superstiti etc.) situazioni analoghe se non identiche ricevano un trattamento – come è giusto che sia- omogeneo;

 

3. l’applicazione concreta della tabella (milanese) finisce per gravare i tribunali di istruttorie lunghe laboriose, indotte dalla insoddisfazione dei danneggiati per i valori medi di liquidazione in taluni casi davvero depressivi espressi dalla tabella.

 

Invero, nella tabella milanese (vedi di seguito) è prevista una colonna nella quale per ogni categoria di congiunto è indicata una somma quale valore monetario medio. In una seconda colonna è indicato per ogni congiunto l’aumento personalizzato massimo relativo.

Nelle avvertenze che precedono la tabella è affermato che “i valori indicati in tabella sono quelli medi che di regola la prassi giurisprudenziale ha ritenuto congruo ristoro compensativo nei rispettivi casi di decesso e relazioni parentali ivi previsti”; “la misura massima di personalizzazione prevista in tabella deve essere invece applicata dal giudice solo laddove la parte, nel processo, alleghi e rigorosamente provi circostanze di fatto da cui possa desumersi il massimo sconvolgimento della propria vita in conseguenza della perdita del rapporto parentale”

Nelle stesse avvertenze si prende atto della necessità che si debba tenere conto” di tutte le circostanze del caso concreto” che vengono esemplificate discorsivamente con riferimento “alla sopravvivenza o meno di altri congiunti del nucleo familiare primario, nella convivenza o meno di questi ultimi, nella qualità ed intensità affettiva che caratterizzava il rapporto parentale con la persona deceduta”

Per quanto riguarda il caso dei genitori e della sorella della persona deceduta (che è il caso che ci occupa), la tabella milanese prevede i seguenti valori medi:

Genitore: Euro.165.960

Fratello/Sorella: Euro. 24.020

Ed i seguenti valori massimi:

Genitore: Euro.331.920

Fratello/Sorella: Euro.144.130

Emergono due evidenti criticità:

-la prima, specifica, e che salta all’occhio, è il valore inaccettabilmente basso, del tutto contrario al comune sentire, del ristoro per la morte di un fratello o di una sorella;

-la seconda, di carattere generale, è l’eccessiva latitudine dello scostamento fra il valore medio (che secondo le avvertenze dovrebbe costituire il congruo ristoro compensativo normale) e quello massimo. Che rende estremamente incerto e discrezionale, e in quanto tali non prevedibile, il quantum nonché l’esito decisionale del confronto e del conflitto.

Tanto più che nessun criterio obiettivo e predeterminato accompagna le circostanze (pur menzionate nella tabella) che possono determinare l’incremento del valore medio.

 

Tribunale Roma, sezione tredicesima, sentenza del 9.4.2018