Spese di lite, compensazione: l’art. 92 c.p.c. post C. Cost. 77/2018 è legittimo e mirata a disincentivare liti temerarie e a responsabilizzare il comportamento processuale

Va dichiarata la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 92, secondo comma, del codice di procedura civile, «nella parte in cui consente al giudice di compensare le spese giudiziali solo nel caso in cui vi sia soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, e non anche in altri casi, ad esempio quando sussistano altri giusti motivi» (testo modificato dall’art. 13 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile, convertito, con modificazioni, in legge 10 novembre 2014, n. 162), sollevate, in riferimento agli artt. 3; 24, secondo comma; 111, primo comma e 117, primo comma, della Costituzione, (quest’ultimo in relazione all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali  – CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848). In particolare, la limitazione delle ipotesi di compensazione a casi circoscritti e tassativamente indicati è mirata a disincentivare liti temerarie e a responsabilizzare il comportamento processuale delle parti, valorizzando nel contempo la portata deflativa della regola della soccombenza; inoltre, già è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ. (nel testo modificato dall’art. 13, comma 1, del d.l. n. 132 del 2014, convertito, con modificazioni, nella legge n. 162 del 2014), nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare lespese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni.

  

Corte Costituzionale, ordinanza del 19.10.2018, n. 190