Si può essere destinatari di tutela anche senza essere soggetti dotati di capacità giuridica: sì all’azione del concepito per l’accertamento giudiziale della paternità

Come noto, l’accertamento giudiziale della paternità è, oggi, possibile anche a seguito del decesso del presunto padre biologico, giusta la previsione di cui all’art. 276 c.p.c. Il nascituro, pertanto, successivamente all’evento della nascita sarebbe legittimato attivo per l’esercizio dell’azione ex art. 269 c.p.c., già a mezzo della rappresentanza della madre, ex art. 273 comma I c.c. Si tratta, però, di un interesse oggi non rappresentato da un soggetto attuale poiché il concepito è l’essere umano nella fase primordiale dello sviluppo biologico e, dunque, non è ancora persona fisica. In tempi recenti, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno, invero, affermato che, tenuto conto del naturale relativismo dei concetti giuridici, alla tutela del nascituro si può pervenire, in conformità con un indirizzo dottrinario, senza postularne la soggettività – che è una tecnica di imputazione di diritti ed obblighi – bensì considerandolo oggetto di tutela (Cass. Civ., Sez. Un., 22 dicembre 2015 n. 25767; orientamento seguito anche da: Corte Cost. 18 febbraio 1975 n. 27; Cass., sez. 3, maggio 2011 n. 9700; Cass. 9 maggio 2000, n. 5881). In altri termini, «si può essere destinatari di tutela anche senza essere soggetti dotati di capacità giuridica ai sensi dell’art. 1 c.c.». Devono quindi ritenersi sussistenti i presupposti per riconoscere tutela al concepito quando – come nella specie – differire la protezione a un momento successivo alla nascita rischierebbe di pregiudicare l’esito del giudizio di paternità (come nel caso in cui il presunto padre, dopo la morte, sia stato cremato).

 

Tribunale di Milano, sezione nona, ordinanza del 31.5.2016