Si ha vizio di ultrapetizione nella pronuncia di annullamento della delibera condominiale basata sulle ragioni per le quali era stata chiesta la nullità?

Se è vero che alle delibere condominiali si applica il principio dettato in materia di contratti, secondo cui il potere attribuito al giudice dall’art. 1421 cod. civ. di rilevarne d’ufficio la nullità deve necessariamente coordinarsi con il principio della domanda ex art. 112 cod. proc. civ. (sicché il giudice non può dichiarare d’ufficio la nullità della delibera sulla base di ragioni diverse da quelle originariamente poste dalla parte a fondamento della relativa impugnazione), è altresì vero che qualora il giudice si sia limitato ad attribuire alle deduzioni della parte il loro significato giuridico (nel senso che le ragioni per le quali veniva chiesta la dichiarazione di nullità della deliberazione assembleare rientravano appieno nella azione di annullamento) questi, invero, non ha accolto una domanda diversa da quella proposta dalla odierna resistente. Nessun vizio di ultrapetizione, dunque, è ravvisabile. Va al riguardo ricordato che nel giudizio di legittimità va tenuta distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda da quella in cui si censuri l’interpretazione che ne ha dato il giudice del merito: nel primo caso, si verte propriamente in tema di violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.; nel secondo caso, invece, poiché l’interpretazione della domanda e l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice del merito, in sede di legittimità va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione [Cassazione civile, sezione seconda, sentenza del 25.9.2014, n. 19779].

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