Sezioni Unite su appello filtrato ed ordinanza d’inammissibilità: questi i requisiti di procedibilità del ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado
Nell’ipotesi di ordinanza d’inammissibilità dell’appello emessa ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., per non avere l’impugnazione una ragionevole probabilità di essere accolta, il conseguente ricorso per cassazione proponibile in base all’art. 348-ter, comma 3, c.p.c. contro la sentenza di primo grado nel termine di 60 gg. dalla comunicazione dell’ordinanza stessa o dalla sua notificazione, se avvenuta prima, è soggetto, ai fini del requisito di procedibilità ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., ad un duplice onere, quello di deposito della copia autentica della sentenza di primo grado e quello, inerente alla tempestività del ricorso, di provare la data di comunicazione o di notifica dell’ordinanza d’inammissibilità. Tale secondo onere è assolto dal ricorrente mediante il deposito della copia autentica dell’ordinanza con la relativa comunicazione o notificazione; in difetto, il ricorso è improcedibile ai sensi dell’art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., salvo in esito alla trasmissione del fascicolo d’ufficio da parte della cancelleria del giudice a quo, che il ricorrente ha l’onere di richiedere ai sensi del terzo comma del predetto articolo, la Corte, nell’esercitare il proprio potere officioso di verificare la tempestività dell’impugnazione, rilevi che quest’ultima sia stata proposta nei 60 gg. dalla comunicazione o notificazione ovvero, in mancanza dell’una e dell’altra, entro il termine c.d. lungo di cui all’art. 327 c.p.c.
Il ricorso per cassazione proposto ex art. 348-ter, comma 3, c.p.c. contro la sentenza di primo grado, non è soggetto, a pena d’inammissibilità, alla specifica indicazione della data di comunicazione o di notificazione, se avvenuta prima, dell’ordinanza che ha dichiarato inammissibile l’appello, in quanto l’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., si riferisce unicamente agli atti processuali e ai documenti da cui i motivi d’impugnazione traggono il proprio sostegno quali mezzi diretti all’annullamento del provvedimento impugnato.
Cassazione civile, sezioni unite, sentenza 13.12.2016, n. 25513