Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione mafiosa: l’incandidabilità deve essere accertata in contraddittorio tra le parti; in difetto, vi è regressione del procedimento ai sensi dell’art. 354 c.p.c.

L’accertamento della incandidabilità, relativo allo scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, è devoluto alla giurisdizione del giudice ordinario, che opera nell’ambito dei “procedimenti speciali” di cui al Libro IV del Codice di procedura civile (artt. 737 – 742-bis c. p. c.), e precisamente con il c. d. rito camerale, caratterizzato da forme celeri di presentazione e decisione del ricorso, che avviene sempre in camera di consiglio, da parte del collegio. Anche nel procedimento camerale in questione, tanto più perché incidente su diritti soggettivi ed avente natura contenziosa, debba essere osservato il principio della domanda, secondo il quale il provvedimento giurisdizionale cui esso è finalizzato non può trarre origine da una iniziativa officiosa dello stesso giudice né, correlativamente, può prescindere dall’’esistenza di una domanda veicolata da un atto contenente i requisiti minimi indispensabili indicati dall’art. 125 c. p. c., né travalicarne il contenuto e i limiti.Tale accertamento appare impossibile possa avvenire de plano e senza il coinvolgimento dei destinatari della proposta.La riconosciuta violazione del contraddittorio comporta, inevitabilmente, la regressione del procedimento ai sensi dell’art. 354 c. p. c., che è norma pacificamente considerata applicabile anche ai reclami camerali [Corte di Appello di Reggio Calabria, sezione civile, decreto del 20.10.2014].

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