Rito ordinario e convenuto con chiamata di terzo in garanzia: meglio convertire il rito in semplificato d.c. (dopo Cartabia), per evitare moltiplicazione esponenziale delle memorie ex art. 171-ter c.p.c.
Deve pertanto ritenersi, in tale prospettiva, ben possibile – perché rispondente al miglior interesse di tutte le parti alla più sollecita ed efficiente trattazione della causa – provvedere alla conversione del rito ordinario in rito semplificato:
1) anche d’ufficio, essendo valutazione discrezionale del giudice (“se ritiene…. dispone”)(il che, per inciso, vale ad escludere che “dispone” significhi decisione vincolata, come pure è stato sostenuto in dottrina);
2) anche prima dell’udienza, proprio perché occorre evitare quell’abnorme, esponenziale moltiplicazione di memorie ex art. 171-ter c.p.c. che oggettivamente complica la trattazione in assenza di una apprezzabile contropartita, rectius di utilità ed economia processuale;
3) anche in assenza di contraddittorio su tale punto specifico, non essendo agevolmente ravvisabile una lesione del diritto di difesa ad opera di un provvedimento che in luogo di un rito ingestibile opti per uno più celere ed efficace, che di per sé tutela maggiormente tutte le parti.
E ciò sol che si consideri come, una volta che si sia ritualmente definito il contraddittorio nelle più idonee forme consentite dal rito semplificato, sarà sempre possibile per il giudice procedere ad ulteriore conversione del rito in ordinario ove emergano i profili di complessità in diritto e/o in fatto che giustifichino detto revirement.