Rito locatizio, domanda per il pagamento dei canoni mai formulata nell’intimazione di sfratto, domanda nuova inammissibile

Dall’unitarietà del giudizio introdotto con l’intimazione della licenza o dello sfratto (ancorché articolato in due distinte fasi, come desumibile da un inequivocabile dato normativo, costituito dall’art. 667 c.p.c., nella parte in cui espressamente si riferisce alla prosecuzione del giudizio) consegue che l’intimante non può proporre domande nuove ma solo modificare e/o precisare la domanda formulata con l’atto di intimazione. Ciò posto, in considerazione della natura di diritti eterodeterminati delle situazioni giuridiche soggettive azionate con il procedimento di convalida, si ha domanda nuova quando gli elementi dedotti nel corso del giudizio comportano il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato e, quindi, della causa petendi, modificando, attraverso l’introduzione di una pretesa diversa per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere con l’atto introduttivo, l’oggetto sostanziale dell’azione e, quindi, del giudizio. Pertanto, la domanda di condanna al pagamento dei canoni non corrisposti, mai formulata nell’atto di intimazione, il cui unico petitum sia costituito dalla risoluzione del contratto e dal rilascio dell’immobile, dà luogo ad un evidente mutamento della petitum, con conseguente inammissibilità della domanda.

 

Tribunale di Grosseto, sentenza del 4.12.2015, n. 1186