Rito del lavoro, contrasto tra dispositivo letto in udienza e motivazione

Nel rito del lavoro, il dispositivo letto in udienza e depositato in cancelleria acquisisce rilevanza autonoma poiché racchiude gli elementi del comando giudiziale, che non possono essere mutati in sede di redazione della motivazione, e non è suscettibile di interpretazione a mezzo della motivazione stessa, sicché le proposizioni in essa contenute e contrastanti con il dispositivo devono considerarsi non apposte e non sono idonee a passare in giudicato o ad arrecare un pregiudizio giuridicamente apprezzabile. In particolare, soltanto il contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione determina la nullità della sentenza, da far valere mediante impugnazione, in difetto della quale prevale il dispositivo. Tale insanabilità deve tuttavia escludersi quando sussista una parziale coerenza tra dispositivo e motivazione, divergenti solo da un punto di vista quantitativo, e la seconda inoltre sia ancorata ad un elemento obiettivo che inequivocabilmente la sostenga; in tal caso è configurabile l’ipotesi legale del mero errore materiale, con la conseguenza che, da un lato, è consentito l’esperimento del relativo procedimento di correzione e, dall’altro, deve qualificarsi come inammissibile l’eventuale impugnazione diretta a far valere il contrasto tra dispositivo e motivazione.

Corte di appello di Roma, sentenza del 18.7.2023