Riparto dell’onere probatorio: il criterio della vicinanza alla fonte di prova non giustifica una deroga all’art. 2697 c.c.
L‘onere probatorio non subisce deroga quando ha ad oggetto fatti negativi. Il fatto, seppure negativo, ha carattere costitutivo del diritto. In tal caso, la prova del fatto negativo (relativo alla mancata stipulazione della specifica clausola contrattuale) può essere data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario o anche mediante presunzioni dalla quali possa desumersi il fatto negativo.
Se il cliente attore – come nel caso di specie – allega: i) di aver stipulato un contratto scritto con la banca; ii) che tale contratto non gli è stato consegnato (al contrario di quanto dichiarato e sottoscritto nel contratto dal cliente); iii) che detto contratto non contiene valide pattuizioni in merito agli interessi, alle spese, alla c.m.s., alla capitalizzazione degli interessi passivi, alla pattuizione di interessi usurari; allora l’attore ha l’onere di provare tale nullità producendo in giudizio tale contratto nella sua integralità (e non parzialmente), così dimostrando che in tale contratto le condizioni economiche non sono state in alcun modo pattuite o che sono state pattuite con clausole non conformi alla legge e quindi affette da nullità.
Come già detto, non può giustificare la deroga alla regola base per la quale l’onere della prova incombe su chi fa valere un diritto in giudizio, il criterio della vicinanza alla sua fonte.
Una volta che la legge ha sancito l’obbligo per la banca di consegnare il documento contrattuale (di cui parte attrice si ribadisce non ha contestato la mancata redazione per iscritto, né la perdita accidentale, né nell’atto di citazione né nella prima memoria istruttoria) e ha anche attribuito al cliente il potere di accesso alla documentazione contabile della banca nel corso del rapporto, la posizione processuale tra cliente e banca non può che essere paritaria.