Responsabilità sanitaria dopo riforma Gelli-Bianco: il professionista risponde a titolo extracontrattuale

La disposizione normativa di cui all’art. 3  della l. 189/2012 – interpretata alla luce del chiaro intento del legislatore di restringere e di limitare la responsabilità (anche) risarcitoria derivante dall’esercizio delle professioni sanitarie per contenere la spesa sanitaria ed in conformità del criterio previsto dall’art. 12 delle preleggi, che assegna all’interprete il compito di attribuire alla norma il senso che può avere in base al suo tenore letterale e all’intenzione del legislatore – è da interpretare nel senso di ricondurre la responsabilità risarcitoria del medico (al pari di quella degli altri esercenti professioni sanitarie) nell’alveo della responsabilità da fatto illecito ex art. 2043 c.c. (con tutto ciò che ne consegue, principalmente in tema di riparto dell’onere della prova, di termine di prescrizione e del diritto al risarcimento del danno).

Del resto la ricostruzione della responsabilità della struttura sanitaria nell’ambito delle prestazioni mediche rese in ambito di servizio sanitario nazionale è stata ricostruita da dottrina e giurisprudenza con richiamo al cosiddetto contatto sociale sulla base di un contratto di spedalità che presenta diversi profili problematici se estesa anche alla figura del medico operante all’interno della struttura sanitaria che non viene in prima battuta coinvolto in tale preliminare contatto.

Tale opzione interpretativa è stata accolta anche dalla recente riforma delle professioni sanitarie (legge cd Gelli, 24/2017) che ha espressamente riconosciuto alla responsabilità del medico dipendente o stabilmente strutturato nell’ente ospedaliero un carattere aquiliano.

Per tali ragioni ove, come nel caso di specie, l’attrice agisce anche nei confronti del medico, senza allegare l’esistenza di un contratto d’opera professionale con lo stesso concluso, deve ritenersi che il rapporto che si instaura con la struttura sanitaria sia contrattuale, mentre il rapporto con il professionista sia di natura extracontrattuale.

Ne consegue che è onere di parte attrice dare prova sia del verificarsi fatto dal quale assume essere derivato il danno, sia quest’ultimo e del collegamento eziologico tra danno e comportamento colposo del medico.

 

Tribunale di Milano, sezione prima, sentenza del 11.09.2017