Responsabilità della struttura sanitaria e regola del “più probabile che non”: il paziente può limitarsi ad allegare, ma non provare, l’inadempimento

Qualora la struttura sanitaria abbia concluso con il paziente un contratto atipico con il quale la prima si è impegnata a rendere, in favore del secondo, prestazioni di carattere sanitario, avvalendosi di personale medico da essa scelto, questa è tenuta al risarcimento dei danni anche nell’ipotesi in cui essi siano dipesi dalla colpa dei sanitari di cui essa stessa necessariamente si avvale per svolgere la propria attività, non rilevando il rapporto struttura/medico. Dalla suddetta qualificazione in termini di responsabilità contrattuale, discende l’applicazione, tra l’altro, del relativo regime giuridico dettato in materia di termine di prescrizione dell’azione – ordinario decennale – e distribuzione dell’onere probatorio. Sul punto, il paziente danneggiato deve provare l’esistenza del rapporto contrattuale e dell’aggravamento della situazione patologica (o dell’insorgenza di nuove patologie per effetto dell’intervento) e del relativo nesso di causalità con l’azione o l’omissione dei sanitari, secondo il criterio, ispirato alla regola della normalità causale, del “più probabile che non”, potendosi limitare ad allegare (ma non provare) l’inadempimento, ancorché qualificato, ossia astrattamente efficiente alla produzione del danno.

Tribunale di Milano, sentenza del 15.7.2020, n. 4253