Responsabilità del medico dopo la riforma Balduzzi (d.l. 158/2012, conv. L. 189/2012): l’art. 2043 c.c. riguarda solo la domanda risarcitoria civile in sede di processo penale perchè è scritto “in tali casi”. Risolto l’enigma interpretativo?

L’espressione d’esordio della norma “in tali casi”, di cui al d.l. 158/2012, conv. L. 189/2012 (c.d. Legge Balduzzi), potrebbe essere intesa non solo sul piano sostanziale, riferita cioè ai casi in cui il medico non risponda penalmente per colpa lieve per essersi attenuto ad accreditate linee guida ma, in modo ben più pregnante, anche sul piano processuale, ossia riferita ai casi in cui l’azione civile sia stata in concreto esercitata in sede penale, l’imputato sia stato prosciolto dall’accusa, in applicazione della nuova norma, ammettendo il risarcimento del danno senza obbligare la parte civile ad instaurare un nuovo autonomo giudizio civile. Insomma, in base a questa lettura, la norma prevede una deroga di particolare rilievo ed operante già in primo grado, all’accessorietà dell’azione civile rispetto all’azione penale, come è noto desumibile dall’art. 538, comma 1 c.p.p. che legittima il giudice penale a decidere sulla domanda di risarcimento sul presupposto della condanna penale, ulteriore a quelle già previste dagli artt. 576 e 578 c.p.p. per i casi rispettivamente dell’impugnazione della parte civile ai soli fini della responsabilità civile e di declaratoria di estinzione del reato per amnistia e prescrizione in grado di appello dopo una condanna in primo grado. In effetti questa interpretazione riposa sulla semplice presa d’atto che esiste un caso in cui la responsabilità civile del medico è tecnicamente azionata obbligatoriamente a norma dell’art. 2043 c.c., costituita proprio dalla domanda di risarcimento danni proposta nel processo penale attraverso la costituzione di parte civile che, essendo una domanda di risarcimento danni conseguenti ad un reato, non può giovarsi dei più favorevoli presupposti della responsabilità contrattuale. Per corroborare una soluzione che certo può apparire avventata vale la pena di osservare come il proscioglimento dell’imputato in applicazione della nuova norma riposa necessariamente sul positivo accertamento di una colpa lieve del medico, oltre che di tutti gli ulteriori elementi costitutivi della responsabilità e, in particolare, del nesso di causalità e, pertanto, il giudice penale ha modo di procedere alla condanna del risarcimento del danno in favore della parte civile ed in forza dell’art. 3, comma 1 seconda parte cit., senza necessità di procedere ad alcun approfondimento istruttorio ulteriore, almeno in punto an debeatur. Sul piano più generale va poi ricordato come il presupposto della condanna penale previsto dall’art. 538, comma 1 c.p.p. sia stato da più parti criticato perché difficilmente armonizzabile col principio di piena autonomia tra giudizio civile e giudizio penale accolto nel vigente codice di procedura penale, tanto da consigliarne l’abbandono almeno tutte le volte in cui la sentenza di proscioglimento implichi necessariamente l’accertamento di tutti i fatti costitutivi della responsabilità civile, esattamente come si verifica nel caso in esame. Imporre in tali casi un distinto giudizio civile, dopo la costituzione di parte civile nel processo penale, comporta inevitabilmente un inutile dispendio di attività processuale. Così interpretata la norma, il riferimento all’art. 2043 c.c., lungi dal costituire una svista del legislatore, è pienamente condivisibile perché riferibile ad una tipica responsabilità civile da reato, benché non punibile sul piano penale. Infatti, il giudice penale che proscioglie l’imputato applicando la nuova causa di non punibilità, sulla base dell’accertamento di tutti gli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 589 (o 590) c.p., può accogliere la domanda di risarcimento del danno proposta dalla parte civile solo a norma dell’art. 2043 c.c., non certo a titolo di responsabilità contrattuale [Tribunale Monza, sentenza del 30.03.2015, Giudice dott.ssa Caterina CANIATO].

 

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