Resistere in giudizio affermando fatti palesatisi contrari a verità: condanna ex art. 96, comma 1, c.p.c.

Sussistono sufficienti elementi idonei a dimostrare la colpa grave del convenuto nel resistere in giudizio, alla quale consegue la condanna della stessa ai sensi dell’art. 96, I co., c.p.c., qualora, travalicando i limiti della semplice allegazione difensiva, affermi fatti palesatisi contrari a verità (quale, ad esempio, la pervicace negazione di avere utilizzato lo scatto fotografico realizzato dall’attore, anche attraverso la riproduzione, nei propri atti giudiziari di immagini fuorvianti e, comunque, finalizzate a confondere il Tribunale), precisando che tale condotta risulta ancor più meritevole di sanzione processuale, se si considera che l’attore, in scritto stragiudiziale abbia dimostrato un chiaro intendimento conciliativo prima della proposizione della domanda giudiziale (nella specie finalizzato a dirimere la controversia previa corresponsione in suo favore di una somma inferiore rispetto a quella riconosciuta dal giudice all’esito del giudizio).

Tribunale di Milano, sentenza del 23.4.2020, n. 2539