Processo tributario, avviso fiscale, motivazione, divieto di motivi aggiunti

La motivazione dell’avviso fiscale ha una funzione pratica omologa a quella della edictio actionis dell’atto introduttivo di lite ordinaria, nel senso che nella motivazione dell’avviso debbono necessariamente trovare allegazione i fatti sui quali l’Amministrazione basa la pretesa impositiva e questo al fine di individuare il thema probandum et decidendum e quindi di esattamente circoscrivere il contraddittorio difensivo e salva ovviamente la rilevanza e qualificazione giuridica degli stessi la quale costituisce naturale appannaggio giurisdizionale secondo il principio iura novit curia. In particolare, con preciso riferimento alla struttura della vigente legge processuale tributaria, il diritto difensivo del contribuente risulterebbe irrimediabilmente compromesso se si permettesse all’Amministrazione di allegare in giudizio i fatti fondanti la pretesa finanziaria. Il divieto dei motivi aggiunti, fuori dei ristretti casi stabiliti dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 24, è ragionevole soltanto sul presupposto che all’Ufficio sia in corrispondenza proibito di allegare i ridetti fatti in corso di processo [Cassazione civile, sezione tributaria, sentenza del 21.11.2014, n. 24821].

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