Processo Civile Telematico: i problemi di forma non vanno risolti con l’inammissibilità, ma con la concessione di nuovi termini.
La norma che nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione innanzi al Tribunale, fa obbligo alle parti già costituite del deposito degli atti processuali e dei documenti con modalità esclusivamente telematiche va letta e applicata – nel sistema dei valori processuali implicati – secondo la logica della flessibilità. Nel caso di riassunzione del giudizio a seguito dell’intervenuto fallimento di una delle parti in causa, la questione dell’obbligatorietà della forma (telematica, anziché cartacea) non può essere considerata al di fuori del sistema dell’invalidità, il quale esclude che possa procedersi a declaratoria di inammissibilità dell’atto processuale, ove l’atto abbia comunque raggiunto lo scopo cui è destinato. Deve rilevarsi che, secondo la ratio della novella introdotta con l’art. 16 bis del D.L. 179/2012, ove l’obbligo sancito dalla norma sia contravvenuto, la violazione della norma è suscettibile di rimedi processuali e ordinamentali di natura diversa, quale può essere la concessione alla controparte di un termine per non essere stata posta nella condizioni di esaminare tempestivamente, in via telematica, l’atto processuale di causa. Ai fini della riassunzione del giudizio a seguito di intervenuto fallimento di una delle parti in causa, il termine di decadenza di tre mesi va calcolato dalla data di effettiva conoscenza che la parte interessata alla riassunzione aveva dell’evento è non già dalla data dell’udienza in cui esso è stato documentato o dichiarato.
Tribunale di Palermo, esecuzioni civili, ordinanza del 10.5.2016