Principio di non dispersione della prova e divieto di proporre prove nuove in appello: i documenti prodotti con la richiesta di decreto ingiuntivo non vanno qualificati nuovi nei successivi sviluppi del processo

Deve ritenersi che i documenti prodotti in allegato alla richiesta di decreto ingiuntivo e rimasti a disposizione della controparte (quanto meno) sino alla scadenza del termine per proporre opposizione (in base a quanto disposto dall’art. 638 c.p.c., comma 3) e quindi esposti al contraddittorio delle parti, non possono essere qualificati nuovi nei successivi sviluppi del processo; in particolare, deve ritenersi che un’interpretazione restrittiva che escluda, in caso di giudizio di primo grado bifasico, documenti prodotti nella prima fase e non prodotti ex novo nell’opposizione, comporterebbe una modifica del contenuto della norma non consentita all’interprete. Tale soluzione, imposta da una piana interpretazione letterale, trova conferma sul piano teleologico e sistematico: sul primo in quanto il divieto di proporre prove nuove in appello ex art. 345 c.p.c. mira a limitare a situazioni del tutto circoscritte, e idonee a giustificare il ritardo, la produzione di documenti sino a quel momento mai sottoposti al contraddittorio delle parti ed alla valutazione del giudice; sul piano sistematico, i principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata implicano, che le prove acquisite al processo lo siano in via definitiva; ciò vale anche per i documenti: una volta prodotti ed acquisiti ritualmente al processo, devono essere conservati alla cognizione del giudice. Il principio, può essere definito di non dispersione della prova.

 

Cassazione civile, sezione lavoro, ordinanza del 22.8.2019, n. 21626