Prevedibilità delle decisioni, precedenti giurisprudenziali e pronostico sull’esito della lite: sì a strategia difensiva di sicuro esito sfavorevole giudiziale per poi coltivare vie conciliatorie

Nemmeno il testo di deontologia pubblicato di recente dal CNF, nel 2018, si spinge a enunciare un obbligo dell’avvocato che accetta il mandato alle liti di formulare un pronostico sull’esito della lite, se non richiesto, bensì un onere di valutare l’interesse del cliente in rapporto alle caratteristiche della lite e di prospettare la prevedibile durata del processo e gli oneri di spesa ipotizzabili, informando il cliente dello svolgimento del mandato a lui affidato. Molta importanza, poi, nel nuovo testo, è data agli oneri informativi relativi alla possibilità per il cliente di accedere a modalità alternative di soluzione della lite (procedimenti di mediazione o di negoziazione assistita), il che ovviamente non presuppone solo un pronostico sul possibile esito della lite, essendo questa una valutazione inerente alla miglior difesa degli interessi del cliente sottesi alla controversia in atto, in relazione ai costi e alla prevedibile durata del processo, a prescindere dalla fondatezza o meno della pretesa del cliente. Del resto, il fatto che i precedenti giurisprudenziali siano tesi a garantire un’uniforme applicazione e interpretazione del diritto, e dunque una prevedibilità delle decisioni, non significa che l’avvocato, nella strategia difensiva che discrezionalmente sceglie e assume nell’interesse del cliente, sia tenuto ad avviare controversie solo sulla base di un pronostico di esito favorevole, ma sia bensì obbligato a valutare, prima di accettare il mandato alla lite, l’interesse del cliente a coltivare la lite nonostante la sussistenza di precedenti sfavorevoli e/o di strumenti conciliatori, tenendo una condotta processuale di continua attenzione all’interesse del cliente, al fine di comprimere rischi di attesa, costi inutili e condanne al risarcimento della controparte per lite temeraria, ex art. 96 cod. proc. civ.

Nel caso in cui si prospettasse per l’avvocato l’accettazione di un mandato alla lite per una causa rientrante nel novero delle “cause perse ab initio”, la strategia processuale assunta dal legale nell’accettare l’incarico e nell’avviare un’opposizione a decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo di sicuro esito sfavorevole per poi coltivare vie conciliatorie, non può solo per questo dirsi pregiudizievole per gli interessi del cliente, e ciò anche in relazione alla mancata preventiva informativa sul probabile insuccesso della lite a un cliente dimostratosi comunque inizialmente interessato a resistere in prima battuta alla richiesta di pagamento e a intavolare vie conciliative, poi non più accettate.  Difatti, l’accettazione del mandato a svolgere un’opposizione a decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo riposta su basi giuridiche pressochè inconsistenti, e la successiva iniziativa processuale di tentare una composizione bonaria della controversia in corso, sono tutte scelte professionali di tipo discrezionale che, valutate ex ante, rientrano nello schema di un comportamento professionale rientrante canone di correttezza professionale richiesta e pretendibile, certamente non iscrivibile nell’ambito di un atteggiamento spericolato o di inerzia, contrastante con l’interesse del cliente.

 NDR: la regola deontologica richiamata nella prima massima è l’art. 27 del Codice di deontologia forense del 2018, la quale si limita ancora a indicare che “l’avvocato deve informare chiaramente la parte assistita, all’atto dell’assunzione dell’incarico, delle caratteristiche e dell’importanza di quest’ultimo e delle attività da espletare, precisando le iniziative e le ipotesi di soluzione che prevede”. Per approfondimenti, si vedano tutti i contributi in rivista in tema di giustizia predittiva.

 

Cassazione civile, sezione terza, ordinanza del 22.11.2018, n. 30169