Più probabile che non riguarda solo il nesso causale: il compendio probatorio si basa sull’attendibilità

Occorre tener conto della fondamentale distinzione che intercorre tra l’impiego funzionale del criterio del “più probabile che non” sul terreno della ricostruzione della relazione causale tra fatti (ricostruzione che attiene al piano epistemologico del rapporto tra ‘fatto antecedente’ e ‘fatto conseguente’, secondo quella particolare relazione che si dice ‘causale’, e che necessariamente richiede il riferimento a leggi scientifiche o a massime di esperienza costruite su basi probabilistiche), e l’impiego funzionale del criterio probabilistico (sempre in termini logico-baconiani) sul terreno della valutazione delle prove (che, viceversa, attiene all’intrinseca qualità rappresentativa di un determinato fatto rispetto a un determinato thema probandum), secondo una relazione probabilistica, tra ‘fatto probante’ e ‘fatto probando’, che non guarda all’osservazione scientifica di uno stato di cose (come nell’ambito della relazione causale) quanto piuttosto all’intrinseca intensità espressiva (in termini rappresentativi) della fonte di prova (del ‘fatto probante’).

Da ciò si fa discendere che il criterio del ‘più probabile che non’, è suscettibile di essere utilizzato (come modello di ricostruzione dei fatti nell’ambito della responsabilità civile) unicamente con riguardo all’indagine sul nesso di causalità (ossia con riguardo all’indagine sullo statuto epistemologico di un determinato rapporto tra fatti o eventi), là dove, con riferimento a ogni altra indagine sulla valutazione dell’idoneità rappresentativa di un determinato compendio probatorio (e quindi anche con riguardo all’indagine sulla diligenza di un determinato comportamento umano), deve ritenersi legittimamente utilizzabile la più elastica categoria dell’attendibilità” (come predicato della maggiore o minore ‘congruità logica’ dell’inferenza critica).

Corte di appello Firenze, sentenza del 18.05.2022, n.940