PCT in cassazione: inammissibilità del deposito telematico prima della validazione tecnica dell’infrastruttura tecnologica

Va dichiarata l’inammissibilità della memoria ex art. 378 c.p.c., depositata telematicamente dal ricorrente a mezzo dell’infrastruttura tecnologica servente per il processo civile telematico di legittimità (c.d. PCT di Cassazione) e da prima ancora che, in forza di decreto del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia adottato ai sensi del D.L. n. 34 del 2020, art. 221, comma 5, (convertito nella L. n. 77 del 2020), detto deposito, seppure in via solo facoltativa, avesse valore legale, in ragione dell’efficacia ad esso ascritta in conseguenza della definitiva validazione tecnica dell’infrastruttura stessa; momento iniziale di efficacia, questo, fissato al 31 marzo 2021 dallo stesso menzionato decreto direttoriale, emanato il 27 gennaio 2021. Dunque, il ricorrente, per il deposito della memoria, non “solo non si è avvalso delle forme ordinarie (deposito in forma analogica ai, sensi dell’art. 378 c.p.c.) o, comunque (non essendo nella specie applicabile la disposizione del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, convertito nella L. n. 176 del 2020, avendo le parti chiesto la trattazione in udienza pubblica; ma, in ogni caso, non essendo avvenuto il deposito della memoria nelle forme indicate da detta norma), di quelle indicate dal “Protocollo per la digitalizzazione degli atti nei processi, civili davanti alla Corte di cassazione” sottoscritto il 27 ottobre 2020 dalla Corte di cassazione, dalla Procura generale presso la Corte di cassazione, dal Consiglio Nazionale Forense, dall’Avvocatura Generale dello Stato, e dall’Organismo Congressuale Forense (il cui art. 5 bis consente il deposito delle memorie con invio à mezzo PEC sia all’indirizzo, previamente individuato, della cancelleria della Corte di cassazione, sia all’indirizzo, risultante da REGINDE, della controparte costituita), ma ha utilizzato una modalità di deposito non avente valore legale e, comunque, tale da non aver consentito, in mancanza di una infrastruttura tecnologica idonea all’esercizio al momento dell’effettuato deposito, il contatto effettivo tra depositante, ufficio giudiziario (giudice) e controparte processuale, così da aver, quindi, reso impossibile anche il raggiungimento dello scopo cui l’atto era destinato (art. 156 c.p.c., comma 3).

Cassazione civile, sezione terza, sentenza del 6.5.2021, n. 12046