Overruling processuale, art. 353 c.p.c., conseguenze

Il fenomeno di overruling rilevante alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, alla quale si intende qui dare continuità, è quello che si verifica quando il mutamento della precedente interpretazione della norma processuale da parte della cassazione porti a ritenere esistente, in danno di una parte del giudizio, una decadenza od una preclusione prima escluse, di modo che l’atto compiuto dalla parte od il comportamento da questa tenuto secondo l’orientamento precedente risultino irrituali per effetto ed in conseguenza diretta del mutamento dei canoni interpretativi. Se questo mutamento è poi connotato dall’imprevedibilità (per essere intervenuto in modo inopinato e repentino sul consolidato orientamento pregresso) si deve escludere l’operatività della preclusione o della decadenza che derivino dall’overruling nei confronti della parte che abbia confidato incolpevolmente nella consolidata precedente interpretazione della regola.

La parte che non abbia proposto immediato ricorso per cassazione – avverso la sentenza d’appello che abbia riformato la sentenza di primo grado, dichiarando che il giudice ordinario ha sulla causa la giurisdizione negata dal primo giudice ed abbia rimandato le parti davanti a quest’ultimo – facendo affidamento sull’interpretazione dell’art. 360 c.p.c., comma 3, che riteneva non immediatamente ed autonomamente impugnabile la sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 353 c.p.c., non ha diritto ad essere rimessa in termini, mentre pende il giudizio di merito riassunto dinanzi al primo giudice, per impugnare autonomamente detta sentenza d’appello, a seguito del mutamento di giurisprudenza realizzato con la sentenza a Sezioni Unite 22 dicembre 2015, n. 25774. Malgrado questa pronuncia abbia dato luogo ad una situazione di c.d. “overruling” – la quale porta a ritenere esistente, in danno della parte soccombente sulla questione di giurisdizione, la preclusione, prima esclusa, a censurare la sentenza d’appello pronunciata ai sensi dell’art. 353 c.p.c., unitamente alla sentenza di secondo grado sul merito della controversia – l’effetto preclusivo si produrrà soltanto a seguito di quest’ultima pronuncia e soltanto se la stessa parte rimanga definitivamente soccombente anche nel merito. Pertanto, solo in tale evenienza, dovrà essere individuato lo strumento processuale tramite il quale realizzare la tutela piena della parte, onde evitare che resti precluso il diritto di azione e di difesa in giudizio sulla questione di giurisdizione, a causa del mutamento di giurisprudenza sopravvenuto quando erano oramai decorsi i termini per impugnare per cassazione la sentenza d’appello su detta questione.

 

Cassazione civile, sezioni unite, sentenza del 13.9.2017, n. 21194