Opposizione allo stato passivo: no a domande nuove o a modificazioni sostanziali delle domande

Nel giudizio di opposizione allo stato passivo, che ha natura impugnatoria ed è retto dal principio dell’immutabilità della domanda, non possono essere introdotte domande nuove o modificazioni sostanziali delle domande già avanzate in sede di insinuazione al passivo.

 

Tribunale di Milano, sezione seconda, provvedimento del 24.6.2016, n. 7942

 

…omissis…

 

Con domanda depositata in data 04.06.2015 ex art. 93 L.F., X chiedeva l’ammissione allo stato passivo del Fallimento F. s.p.a. in liquidazione dei seguenti crediti: € 19.687,50, in prededuzione, quale compenso dovuto in forza di contratto di assistenza e consulenza concluso il 05.06.2014 con la società in bonis; € 7.259,18, in via privilegiata, quale compenso per l’assistenza professionale prestata nel giudizio R.G. 47211/2014; € 7.259,18, in privilegiata, quale compenso per assistenza professionale prestata nel giudizio R.G. 30819/2014; € 7.974,10, in privilegiata, quale compenso per l’assistenza professionale prestata nel procedimento prefallimentare avanti al Tribunale di Monza; € 327,79 in via chirografaria quali spese sostenute nel procedimento R.G.6205/2015, il tutto oltre interessi di mora al chirografo oltre iva e epa al chirografo sul ripartito ad emissione fattura, tutte prestazioni professionali rese prima della dichiarazione di fallimento.

Con decreto di esecutività dello stato passivo emesso in data 13.07.2015 (e comunicato all’odierno opponente in data 27.07.2015), il Giudice Delegato ammetteva il credito di € 13.525,00 al privilegio ex art. 2751-bis n. 2, relativamente alle attività svolte nei procedimenti n. 47211/14, n. 30819/14 e nel procedimento prefallimentare, “esclusa la differenza richiesta in ragione della complessità dei giudizi ed esclusa la prededuzione in quanto non è possibile individuare una funzionalità non essendo dimostrata l’utilità per la massa”; il G.xxxxx. escludeva invece gli importi di € 19.687,50 (“in quanto l’acconto già precedentemente percepito è capiente dell’attività professionale in concreto svolta, tenendo anche conto che la misura del compenso determinata in via convenzionale non appare poter essere sottratta alla relativa rideterminazione in considerazione del fatto che la prestazione oggetto del contratto non è stata completata”) e di € 327,79 (“in quanto non documentate”).

Avverso il rigetto xxxdepositato in data 25.09.2015 ricorso ex art. 98 xxxx., insistendo per l’ammissione del suo credito come da domanda; in particolare ha rilevato che: il credito escluso di € 19.687,50 è stato chiesto a titolo di corrispettivo per attività effettivamente svolta sulla base del contratto di assistenza e consulenza professionale del 05.06.2014, con cui F. s.p.a. gli aveva conferito mandato congiuntamente ad altri due professionisti per il risanamento e/o la ristrutturazione dei debiti della società (doc. 5 opponente); il provvedimento del G. non esplicita le ragioni per cui ha ritenuto l’acconto di € 17.500,00 già percepito come sufficientemente capiente per l’attività svolta; in via subordinata, qualora non fosse riconosciuta la prededucibilità ex art. 111 l.f., l’opponente ha chiesto di ammettere il proprio credito al privilegio ex art. 2751 -bis n. 2 c.c.; i crediti che trovano giustificazione dell’attività professionale resa a F. nei giudizi n. 47211/14, n. 30819/14 e nel procedimento prefallimentare sono stati ammessi allo stato passivo per una somma complessiva di € 13.525,00, immotivatamente inferiore rispetto agli importi richiesti e calcolati sulla base delle tariffe ex D.M. n. 55 del 2014 (docc. 24,29,31 opponente) nei limiti medi e nella percentuale di 1/3 in quanto la prestazione professionale era stata resa congiuntamente da tre legali; il credito di € 327,79 è dovuto trattandosi di spese documentate (per iscrizione a ruolo e marca da bollo, docc. 32-33), sostenute nel procedimento instaurato ex art. 702-bis c.p.c. nei confronti di F. per ottenerne la condanna alla corresponsione dei compensi professionali dovuti in dipendenza del contratto del 05.06.2014, procedimento interrotto per l’intervenuto fallimento di F.).

Con memoria del 08.01.2015 si è costituito il Fallimento e ha chiesto di respingere l’opposizione avversaria.

In primo luogo il fallimento ha sostenuto la correttezza della valutazione del G.D. circa l’ammontare del compenso dovuto all’opponente in dipendenza del contratto del 05.06.2014, incarico che non era stato portato a termine dai professionisti, tra cui l’avv. —; in ogni caso ha precisato che detto credito non può reputarsi prededucibile ex art. 111 l.f., in quanto relativo ad attività non utile per la massa dei creditori, né può essere ammesso al privilegio ex art. 2751-bis c.c., atteso che l’opponente ha svolto tale ultima domanda soltanto nel ricorso ex art. 98 l.f. e quindi tardivamente, essendo inammissibile la domanda nuova in sede di opposizione ex art. 98 l.f., data la natura impugnatoria del rimedio.

Quanto ai compensi pretesi con riferimento all’attività svolta nei giudizi n. 47211/14, n. 30819/14 e nel procedimento prefallimentare, il fallimento ha osservato trattasi di casi di relativa semplicità, sovrapponibili tra loro, e che in ogni caso i crediti per rimborso delle spese sostenute nell’esecuzione dell’incarico professionale e le spese forfettarie non rientrano nel privilegio di legge, a differenza degli onorari. Il Fallimento ha eccepito, inoltre, che con riferimento ai procedimenti n. 47211/14 e n. 30819/14, l’opponente ha richiesto onorari per attività istruttoria che in realtà non era stata espletata in nessuno dei due giudizi.

Quanto infine al credito escluso di € 327,79, il Fallimento ha rilevato che detto importo si riferisce a imposta versata in favore dello Stato e non a credito vantato nei confronti del Fallimento, conseguendone la legittima esclusione dallo stato passivo.

Non essendo state dedotte istanze istruttorie, il giudice relatore ha concesso all’opponente termine fino al 22.02.2016 per il deposito di note conclusive e al Fallimento fino al 25.03.2016 per repliche, decorsi i termini la causa è passata in decisione dinanzi al collegio.

All’esito della camera di consiglio del 9 giugno 2016, il Tribunale, sentita la relazione del giudice relatore, provvede come segue.

Sulla domanda avente ad oggetto il credito prededucibile di € 19.687,50 quale compenso dovuto in forza del contratto (omissis…) giugno 2014, come da note pro forma 15 ottobre 2014 e 1 novembre 2014 (docc 14 e 15 del ricorso).

xxxxx– ha posto a fondamento della domanda il contratto di mandato professionale intercorso con la società F. e formalizzato il 5 giugno 2014 con cui F. gli aveva conferito, unitamente ad altri due avvocati, l’incarico di assistenza e consulenza legale in vista della presentazione di una domanda ex art. 161 comma 6 l.f. e della successiva definizione di una proposta di concordato o di accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis l.f.. Alla data di formalizzazione dell’incarico 5.6.14 i tre professionisti avevano già svolto parte della prestazione professionale, come si dà atto nella stessa lettera di incarico, infatti i legali per la società avevano già depositato il ricorso ex art. 161 co 6 l.f.. Nel contratto (doc. 5 ricorrente) le parti avevano concordato il compenso spettante ai professionisti in proporzione al valore del passivo della società ponendo il tetto di € 300.000,00, oltre Iva e Cpa e stabilito che il corrispettivo sarebbe stato pagato a determinate scadenze, ovvero: € 35.000,00 (oltre Iva, cpa e 12,5% delle spese) al momento dell’accettazione della proposta; € 35.000,00 (oltre Iva, cpa e 12,5% delle spese) entro 30 giorni liberi dalla data di accettazione della proposta; € 130.000 (oltre spese, iva e cpa) entro la data di presentazione del ricorso ex xxx ex art. 182-bis l.f.; € 100.000,00 (oltre spese iva e cpa) entro 30 giorni dall’omologa del concordato o dell’accordo ex art. 182-bis l.f..

È pacifico che i professionisti hanno assistito la società fino alla rinuncia al mandato del 4 novembre 2014 (doc. 11) cui seguiva decreto 6 novembre 2014 del Tribunale di improcedibilità della domanda di concordato preventivo per omesso deposito nel termine concesso di proposta e piano (doc. 12). I legali motivavano la rinuncia al mandato in considerazione del fatto che non sussistevano le condizioni per poter presentare una proposta di C.P. o un accordo di ristrutturazione.

L’avv — nella sua domanda ex art. 93 l.f. e in ricorso ex art. 98 l.f. ha precisato che la società gli aveva corrisposto un acconto di € 17.500,00 e che pertanto residuava la sua quota parte di € 17.500,00 sulla seconda trance del compenso pattuito (ii) oltre spese forfettarie per € 1.250 ed € 937,50 (come da note docc 14 e 15), rilevando che tutte le attività previste nell’incarico alla data di scadenza dei due primi acconti erano state effettivamente svolte.

Posto in fatto quanto sopra, osserva il tribunale che l’art. 2233 c.c. stabilisce che il compenso per l’attività professionale può essere determinato secondo le tariffe o gli usi se non è stato convenuto dalle parti. Nel caso di specie il contratto di prestazione d’opera intellettuale intercorso tra l’avv. — e altri due avvocati da un lato, F. s.p.a. in bonis dall’altro prevedeva espressamente il compenso “in misura pari allo 0,70% del passivo complessivo della Società ed entro il limite complessivo di € 300.000,00 oltre al rimborso delle spese generali nella misura del 12,5% e rimborso di spese analitiche”. Le parti avevano previsto anche i tempi di corresponsione del compenso in base alle fasi di avanzamento dell’attività e della procedura di risoluzione della crisi di impresa: € 35.000 all’accettazione della proposta di incarico professionale, € 35.000,00 entro 30 giorni dalla data di accettazione della stessa, € 130.000,00 alla data di presentazione del ricorso ex art. 160 e segg l.f. o ex art. 182-bis l.f., € 100.000,00 dopo l’omologa. Considerato dunque che le parti avevano stabilito il compenso, il credito dell’avv. — deve essere determinato sulla scorta dell’attività effettivamente svolta e sulla base dei criteri contrattuali, non delle tariffe ministeriali o di altri criteri. Concordemente con quanto ritenuto dal G. deve considerarsi che l’attività professionale oggetto di mandato non è stata completata, la procedura si è infatti interrotta non avendo la società presentato la proposta e il piano; va considerato altresì che al momento della formalizzazione del mandato professionale, il 5 giugno 2014, i legali incaricati stavano già svolgendo l’attività professionale oggetto del mandato, tanto che il 27 maggio 2014 avevano depositato la domanda ex artt. 160,161 co. 6 l.f., come le parti hanno esplicitato nello stesso contratto di prestazione d’opera professionale (dove si legge “L’attività di assistenza e consulenza è stata sinora svolta e continuerà ad essere svolta…”). Tale circostanza porta a ritenere che i contraenti a giugno 2014 nello stabilire la misura delle prime due trances di pagamento del corrispettivo, scadenti alla data di stipula ed entro i 30 giorni successivi, avevano tenuto in considerazione l’attività già svolta, quindi può dirsi che le prime due rate di pagamento del compenso stanno in rapporto diretto di corrispettività con l’attività che alla data della stipula del mandato professionale era già stata svolta dai professionisti. La domanda ex art. 93 l.f. dell’avv. — ha ad oggetto proprio il compenso relativo alle due prime rate di corrispettivo che le parti avevano previsto in un momento in cui lo studio preparatorio per la domanda prenotativa e il ricorso ex art. 161 co 6 l.f. erano già stati compiuti; si tratta, inoltre, di rate che erano scadute alla data di cessazione del mandato professionale per impossibilità oggettiva di continuazione in quanto la società non aveva la concreta possibilità di presentare una proposta e un piano ex art. 160 o ex 182-bis l.f.. Quindi l’interpretazione del mandato professionale consente di affermare che la volontà contrattuale delle parti era nel senso che il compenso di € 35.000 + 35.000 costituiva il corrispettivo totale per i tre professionisti per quanto già compiuto alla data di formalizzazione dell’incarico, tanto che il pagamento era stato previsto all’accettazione e a 30 giorni successivi. Consegue che all’opponente spetta il compenso richiesto che si quantifica nella misura di un terzo, visto che esso era stato previsto come totale per i tre professionisti incaricati dalla società, del compenso contrattuale di € 70.000,00 (prime due trances di pagamento), dedotto l’importo già ricevuto di e 17.500,00. Secondo questi criteri il credito spettante, residuo, ammonta ad € 5.833,33 (70.000:3= 23.333,33-17.500,00=5.833,33), oltre rimborso spese generali del 12,5%, cpa e iva ad emissione fattura.

Il credito va ammesso al chirografo.

Infatti il professionista con la domanda ex art. 93 l.f. (xxxx chiesto l’ammissione del credito in via prededucibile e soltanto con il ricorso in opposizione ha introdotto la domanda subordinata di riconoscimento del credito al passivo in concorso con i creditori concorsuali, in via privilegiata.

Ritiene il Tribunale che la domanda subordinata di riconoscimento del credito concorsuale con il privilegio sia domanda nuova, sulla quale il fallimento non ha accettato il contraddittorio; in quanto domanda nuova essa é inammissibile. E’ principio consolidato in giurisprudenza quello per cui “nel giudizio di opposizione allo stato passivo che ha natura impugnatoria ed è retto dal principio dell’immutabilità della domanda non possono essere introdotte domande nuove o modificazioni sostanziali delle domande già avanzate in sede di insinuazione al passivo” (Cass sent. 5167/2012), la domanda del riconoscimento di un credito in prededuzione è domanda sostanzialmente diversa dalla richiesta di ammissione di un credito privilegiato in quanto le due domande si fondano su presupposti del tutto diversi (Cass 5167/2012). Posto ciò nel caso di specie il credito per compensi professionali vantato dall’opponente non può essere qualificato come credito prededucibile; infatti, affinché il credito sorto in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui al R.D. n. 267 del 1942, come dispone l’art. 111 l.f. comma 2, sia prededucibile è necessario che ricorrano le condizioni di cui all’art. 11 comma 3 – quater D.L. n. 145 del 2013 e quindi che il concordato si sia aperto e che comunque la procedura abbia apportato un beneficio alla massa dei creditori in termini almeno di salvaguardia dell’integrità dell’attivo (In questo senso si è espressa la più recente giurisprudenza della Corte di legittimità “Il credito relativo al compenso per prestazioni professionali rese anteriormente alla dichiarazione di fallimento dell’imprenditore e riguardanti l’attività difensiva inerente ad una domanda di concordato preventivo ex art. 161, comma 6, l. fall. dichiarata inammissibile per mancato deposito della proposta, del piano e della relativa documentazione non è prededucibile ai sensi dell’art. 111, comma 2, l. fall., sia perché, non arrecando alla procedura concorsuale alcun beneficio in termini di accrescimento dell’attivo o salvaguardia della sua integrità, non può dirsi collegato occasionalmente o funzionalmente con la stessa, sia perché la prededucibilità è espressamente esclusa dall’art. 11, comma 3-quater, del D.L. n. 145 del 2013, conv. con modif. dalla L. n. 9 del 2014, di natura interpretativa, per il quale i crediti relativi alle procedure di concordato sono prededucibili nel successivo fallimento alla duplice condizione che il deposito della proposta, del piano e della documentazione sia avvenuto nel termine fissato dal tribunale e che sia stato pronunciato senza soluzione di continuità il decreto di apertura di cui all’art. 163 l. fall. (Cass ord. 25589/2015).

Nel caso in esame il concordato preventivo è stato dichiarato improcedibile il 6-11 novembre 2014 e il fallimento è stato dichiarato con sentenza 23.3.2015. Quindi manca un rapporto di consecuzione e di utilità per i creditori della massa tra la domanda di concordato preventivo, mai aperto e la procedura fallimentare sicché la prededuzione non può essere riconosciuta.

L’opposizione sul punto viene pertanto ammessa solo in parte per € 5.833,33 al chirografo oltre al rimborso delle spese generali nella misura del 12,5%, Cpa e Iva ad emissione fattura.

Sul compenso per attività giudiziale svolta nei giudizi RG 30819/14, xxxxefallimentare avanti al Tribunale di Monza.

Lo svolgimento dell’attività professionale non è in contestazione e risulta dai documenti prodotti con la sola precisazione che la contestazione circa il computo del compenso per l’attività di trattazione/istruttoria nel procedimento RG 30819/14 sollevata dal fallimento è infondata atteso che in detto procedimento la difesa aveva svolto anche attività scritta di trattazione avendo depositato non solo l’atto di costituzione, ma anche una successiva memoria di trattazione, autorizzata dal giudice, partecipando a due udienza di trattazione/discussione del ricorso per sequestro liberatorio. Il G. a fronte di una domanda di complessivi € 22.492,46 oltre accessori di legge ha riconosciuto un credito di € 13.525,00 al privilegio ex art. 2751-bis n. 2) c.c. oltre cpa e iva al chirografo “esclusa la differenza in ragione della complessità dei giudizi”.

L’axxxxxxxha insistito nella domanda ex art. 93 l.f. rilevando di aver quantificato i compensi richiesti sulla base del valore dei rapporti oggetto dei procedimenti (tra € 1.000.000,00 ed € 2.000.000,00 i due sequestri liberatori RG 30819/14 e RG 47211/14) e dei compensi medi, di aver ridotto spontaneamente la domanda ad 1/3 atteso che l’incarico difensivo era stato conferito dalla società a tre avvocati (pur nella consapevolezza che, in base all’art. 8 D.M. n. 55 del 2014, avrebbe potuto chiedere il totale); ha osservato che il compenso riconosciuto dal G. nella misura totale di € 13.525,00 si attesta immotivatamente al di sotto dei valori minimi.

L’opposizione è infondata; va precisato che l’opponente si duole solo della quantificazione dei compensi che, a suo dire, sarebbe stata inferiore ai minimi di tariffa, invece essi sono stati liquidati per importi congrui.

Il G. infatti ha riconosciuto la somma di € 13.525,00 che è superiore a quanto spetterebbe all’avv. — riconoscendogli 1 /3 del compenso calcolato nei valori medi per il procedimento RG 30819/14, 1 /3 del compenso calcolato nei valori minimi per il procedimento RG 47211/14, il compenso calcolato nei minimi (pari ad € 2.324) per il procedimento pre fallimentare.

Infatti si va considerato che: l’avv. — ha chiesto per due dei tre processi (quelli cautelari) i compensi professionali nella misura di 1/3 avendo ricevuto mandato congiunto con altri due legali; la difesa di F. nei procedimenti cautelari di sequestro liberatorio azionati da M. spa contro F. nell’estate 2014 si presentava tecnicamente di media complessità; il secondo procedimento di sequestro liberatorio ha presentato il medesimo contenuto del primo variando solo nel quantum, sicché l’impegno difensivo è stato inferiore in questo secondo procedimento celebrato poco tempo dopo il primo, inoltre in questo secondo procedimento non vi è stato lo scambio di memorie e si è tenuta una sola udienza di trattazione; dunque dato tutto ciò, il compenso per l’attività difensiva svolta nel primo procedimento cautelare RG 30819/14, tenuto conto del valore tra 1 e 2 milioni di € può attestarsi nei medi per un totale di € 18.937,00 pari a 1/3 di € 6.312,00, come da domanda, in considerazione della difesa congiunta con altri di legali; il compenso per l’attività difensiva svolta nel secondo procedimento cautelare RG 47211/14 dato il valore tra 1 e 2 milioni di € e i minimi tariffari (perché attività ripetitiva della prima domanda gemella) si liquida in totali € 10.747,00 pari a un 1/3 di € 3.582,33, come da domanda per la difesa congiunta con altri di legali; per l’attività difensiva svolta nel procedimento prefallimentare il compenso va calcolato nella misura minima, atteso che la domanda di fallimento era stata proposta pendente il procedimento ex artt. 160 e 161 co. 6 l.f. sicché paralizzare la richiesta di fallimento implicava attività difensiva di natura procedimentale molto semplice, senza che si rendesse necessario entrare nel merito delle questioni sottese; il minimo tariffario D.M. n. 55 del 2014 è di € 2.324,00 per un valore della causa tra 1 e 2 milioni di € (il creditore istante vantava un credito di circa € 1.600.000,00).

Il totale degli importi sopra stimati è di € 12.218,33 che è somma inferiore al compenso totale di € 13.525,00 riconosciuto nel decreto opposto, congruo rispetto all’attività svolta e non attestato nei minimi tariffari.

La domanda di rimborso delle spese di € 327,79.

Si tratta di spese anticipate dall’avv. — nel procedimento ex art. 702-bis c.p.c. azionato personalmente contro la società per ottenere la liquidazione e il pagamento dei suoi compensi professionali; il procedimento si è interrotto per l’intervenuto fallimento di F.; la domanda non può essere accolta essendo spese non opponibili alla massa dei creditori concorsuali.

Complessivamente il credito professionale privilegiato ex art. 2751-bis n. 2) c.c. dell’avv. — per l’attività giudiziale si quantifica in € 13.525,00 al privilegio ex art. 2751-bis n. 2) l.f., oltre al chirografo per le spese generali, oltre cpa e iva di legge nel quantum percentuale da calcolarsi in sede di riparto sulle somme ripartite dietro presentazione di fattura, in € 5.833,33 al privilegio ex art. 2751-bis n. 2) c.c., oltre cpa e iva di legge nel quantum percentuale da calcolarsi in sede di riparto sulle somme ripartite dietro presentazione di fattura.

Le spese processuali.

L’accoglimento in parte dell’opposizione giustifica la condanna della procedura opposta alla rifusione in favore dell’opponente del 40% delle spese processuali liquidate, considerato il valore del credito accertato in € 800,00 per compensi, € 60,00 per spese oltre cpa e iva di legge e la compensazione per il restante 60% delle spese processuali.

pqm

Il tribunale, definitivamente pronunciando sull’opposizione allo stato passivo promossa dall’avv. xxxx nei confronti di Fallimento F.xxx.a. in liquidazione con ricorso depositato in data 25.09.2015, così provvede: in parziale accoglimento dell’opposizione, ammette l’avxxxxxsivo del Fallimenxxxxxxx. in liquidazione per l’ulteriore credito di € 5.833,33 al chirografo oltre al rimborso delle spese generali nella misura del 12,5%, Cpa e Iva ad emissione fattura sul ripartito; rigetta nel resto l’opposizione; condanna il fallimento opposto alla rifusione delle spese processuali nella misura del 40% liquidate (il 40%) in € 800,00 per compensi € 60,00 per spese oltre al rimborso delle spese generali, cpa e iva di legge e compensa tra le parti la restante quota del 60% delle spese processuali. Manda al curatore fallimentare per la modifica dello stato passivo.