Opposizione a sanzione amministrativa, sentenza prestampata e ciclostilata, appello
In seguito all’abrogazione dell’ultimo comma dell’art. 23 della legge 689/1981, intervenuta con il d.lgs. n. 40 del 2006, la sentenza che definisce il giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, compresa quella del giudice di pace, è soggetta all’appello, e non al ricorso per cassazione. L’appello per le cause di valore non superiore ad euro 1100,00, non è sottoposto alle limitazioni di cui all’art. 339 comma 3 c.p.c. poiché, per espressa disposizione dell’art. 23 comma 11 della legge citata, come modificato dall’art. 99 d.lgs. 507/1999, non è applicabile l’art. 113 comma 2 c.p.c., sicchè non è possibile una pronuncia secondo equità (nella specie, pertanto, l’eccezione di inappellabilità della sentenza di primo grado sollevata da parte appellata, che ha dedotto che la decisione gravata era stata pronunciata secondo equità, con conseguente applicabilità alla fattispecie dell’art. 339 comma 3 c.p.c., si appalesa destituita di giuridico fondamento).
In caso di impugnazione di sentenza di primo grado che ha la veste, non solo grafica, ma anche contenutistica, di una sentenza prestampata e ciclostilata, che nulla rileva ed argomenta in merito ai motivi di opposizione prospettati dalla parte, l’appello non può che sfuggire ad una valutazione di ammissibilità in termini di rispondenza al dettato normativo di cui all’art. 342 c.p.c., atteso che tutta la sentenza di primo grado nessuna attinenza e conferenza ha rispetto alle doglianze della detta parte, sicché non possono essere individuate in maniera specifica le parti motivazionali oggetto di censura, come esige invece la norma di cui sopra.