Onere probatorio in tema di azione di riduzione

In materia di successione testamentaria, il legittimario che propone l’azione di riduzione ha l’onere di indicare entro quali limiti è stata lesa la sua quota di riserva, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria nonché il valore della quota di legittima violata dal testatore. A tal fine, ha l’onere di allegare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, ed in quale misura, sia avvenuta la lesione della sua quota di riserva oltre che proporre, sia pure senza l’uso di formule sacramentali, espressa istanza di conseguire la legittima, previa determinazione della medesima mediante il calcolo della disponibilità e la susseguente riduzione delle donazioni compiute in vita dal de cuius.

 

Tribunale di Ferrara, sentenza del 16.11.2016

…omissis…

ccccc rappresentata dai genitori, hanno riassunto con comparsa di riassunzione, regolarmente notificata ai convenuti, la causa civile, avente principalmente ad oggetto l’adempimento di legati testamentari, già promossa avanti al Tribunale di Bologna, dichiaratosi incompetente per territorio.

 

Contestualmente essi hanno richiesto accertamento tecnico preventivo perché fosse accertata la contraffazione della firma di ccc su verbale di assemblea sociale di ccccc

Gli attori hanno poi formulato richiesta di sequestro conservativo, che è stata rigettata con ordinanza emessa il 21 maggio 2015.

 

All’udienza del 16 luglio 2015, era altresì rigettata la domanda di accertamento tecnico preventivo, ed il giudice accertava che il processo non era stato riassunto nei confronti di cccc., peraltro parte del solo procedimento di a.t.p., instaurato originariamente avanti al Tribunale di Bologna, e non anche della causa di merito.

 

All’udienza del 19 novembre 2015 era disposta c.t.u. grafologica su tre schede testamentarie, nominando all’uopo la dott.ssa Rizzi Federica.

 

Il c.t.u. depositava l’elaborato peritale in data 19 maggio 2016.

 

Non erano ammesse prove orale.

 

Bccccc. chiedono la condanna dei convenuti, eredi di Mcccc al pagamento dei legati disposti con i testamenti olografi pubblicati il 27 marzo 2014.

 

Si dolgono inoltre gli attori della falsificazione della firma di Mccc che sarebbe presente sul verbale dell’assemblea del 1 febbraio 2014, con cui cc. venne nominato amministratore di ccccc

 

Mcccc. e cccF. affermano che i testamenti non sono autografi e che cccc era incapace di intendere e di volere. Chiedono pertanto che siano dichiarati nulli o annullati, ed in ogni caso che la domanda di condanna sia rigettata per essere stata l’eredità accettata con beneficio di inventario.

 

In via subordinata, i convenuti domandano la riduzione delle disposizioni testamentarie del testamento del 5 gennaio 2014, in quanto lesive della quota di legittima spettante al coniuge e ai figli del de cuius.

 

Per quanto concerne ddd amministratore unico di M.dddd convenuti domandano che sia dichiarato “il difetto di legittimazione attiva di parte attrice” “per l’assenza di qualsivoglia titolo giuridico a sostegno, non potendo i legatari o gli eredi a titolo particolare privare di valore ed efficacia agli atti compiuti dal de cuius in vita, non attinenti ai legati ovvero alle disposizioni particolari”.

 

Preliminarmente deve rigettarsi l’eccezione di nullità della comparsa di costituzione degli attori per essere stata “proposta, contestualmente, sotto forma di atto di citazione e di ricorso, avendo compresso in un unico atto il giudizio ordinario ed il giudizio per a.t.p. promosso presso l’incompetente Tribunale di Bologna”: eccezione riproposta con la precisazione delle conclusioni.

 

La riassunzione della causa è stata regolarmente eseguita secondo quanto dispone l’art. 125 att. c.p.c., con comparsa notificata ai convenuti, contenente gli elementi elencati nella predetta norma.

 

La circostanza che la comparsa contenesse anche la richiesta, poi rigettata, di accertamento tecnico preventivo non è causa di nullità dell’atto. In proposito si osserva che non sussiste alcuna preclusione normativa a che la domanda di accertamento tecnico preventivo sia contenuta nella comparsa di riassunzione, anziché in un atto separato. In secondo luogo, si ricorda che le cause di nullità degli atti processuali per inosservanza di forme sono tipiche ( art. 156, 1 co., c.p.c. ), e nella specie non può sostenersi che la comparsa, per il fatto di contenere anche la richiesta al giudice di fissazione di udienza per la nomina di un accertatore tecnico, mancasse di qualche requisito formale indispensabile per il raggiungimento dello scopo ( art. 156, 2 co., c.p.c.). Pertanto, la denunciata nullità, ammesso che potesse configurarsi, colpirebbe il solo ricorso – comunque rigettato – e non anche la comparsa di riassunzione, conforme al modello normativo dell’art. 125 att. c.p.c.

 

Ciò premesso, ritiene il Collegio che solo la domanda degli attori di condanna dei convenuti al pagamento dei legati pecuniari sia fondata e meriti accoglimento.

 

Occorre innanzitutto rilevare il difetto di interesse degli attori ad agire in giudizio per ottenere l’accertamento della falsità della firma di Mdd sul verbale dell’assemblea sociale di Mdd., con cui nel marzo 2014 era nominato amministratore della società Mddd

 

L’interesse a proporre una domanda in giudizio ( art. 100 c.p.c. ) deve essere attuale (dunque non futuro od ipotetico) e concreto (ossia rilevante e connesso ad uno specifico rapporto giuridico cui l’attore e parte (cfr. Cass. civ. 30 luglio 2015, n. 16162).

 

Quale che sia la sorte dei testamenti, gli attori non sono eredi di Mdddd. ed i legati non hanno ad oggetto le quote sociali. Essi rimangono del tutto estranei alla compagine sociale, mentre i convenuti, ereditando le quote di ddddddV., hanno diritto di nominare chi preferiscono alla carica di amministratore della società, e a ciò possono provvedere in ogni momento.

 

ddddd che abitava immobile di proprietà della società, non può prevenire le azioni che dd intende esercitare per ottenere la riconsegna del bene, contestando che Mdd. sia stato regolarmente nominato amministratore. La questione della rappresentanza della predetta società deve essere al più posta nei giudizi in cui sia parte ddd., così come sembrerebbe che sia stata posta nella causa civile decisa in primo grado dalla sentenza 10 giugno 2015 n. 1912 del Tribunale di Bologna, la quale avrebbe condannato B. al rilascio dell’immobile (v. doc. 25 fasc. convenuti).

 

Venendo ai testamenti, si ritiene che essi siano validi ed efficaci.

 

Con una prima scrittura datata 18 settembre 2011ddd ha legato a dddd definita la compagna della sua vita, la somma di Euro 200.000,00, a C.ddd la somma di Euro 50.000,00 e alla minore dd figlia di Vddddd., la somma di Euro 60.000,00.

 

Il 29 ottobre 2013, Mddd ha ribadito il legato, compilando una seconda scheda, e non modificando gli importi sopra indicati.

ddddddd

La prima e la seconda scheda contengono senz’altro legati. La terza non può essere intesa come dispositiva di un lascito mortis causa, e ciò non solo per l’indeterminatezza dell’oggetto (indeterminatezza non risolta neppure in atto di citazione, ove non si precisa quali fossero i beni mobili presenti all’interno di detta abitazione), quanto perché contiene una dichiarazione di scienza, anziché esprimere la volontà di un effetto dispositivo. In altre parole, dddd. affermava che i beni erano di proprietà di Bddd (per averli lei acquistati, per esserle stati donati, ecc.), e non che appartenevano allo scrivente e sarebbero passati in proprietà, dopo la sua morte, alla donna che si intendeva beneficiare. La conseguenza è che la terza scrittura non contiene un legato, non produce effetti traslativi e non fa sorgere un’obbligazione di consegna in capo agli eredi. La proprietà, se contesa, dovrà essere accertata oggetto per oggetto, e ciò non attiene alla vicenda successoria e, più in generale, all’oggetto del presente giudizio.

 

Le tre scritture sono interamente autografe.

 

Il c.t.u. ha concluso il proprio analitico accertamento, affermando che “le schede testamentarie a firma apparente Mdddddd in verifica, sono state compilate e sottoscritte dalla mano del signor Mddd e, pertanto, integralmente autografe”.

 

La dott.ssa Rizzi ha precisato che “in base a quanto rilevato e documentato si può affermare che i testamenti in verifica provengono dalla stessa mano scrivente. Il confronto interno operato tra le schede in verifica ha messo in luce la compatibilità gestuale, strutturale e formale. Tra la grafia contestata e quella autografa è stata riscontrata un’elevata gamma di analogie e concordanze che riguardano non solo macro elementi strutturali e formali, ma anche le più significative e importanti caratteristiche dei parametri sostanziali. È stato altresì rilevato che i movimenti peculiari e automatizzati rinvenuti nei testamenti, ai quali deve attribuirsi un indiscutibile valore identificatorio, si ritrovano anche nelle scritture comparative.

 

In sintesi quindi, le caratteristiche della grafia in verifica rientrano pienamente nel campo di variabilità grafica espresso nella scrittura del signor M.. Ciò consente di escludere definitivamente che gli scritti testamentari siano frutto di imitazione a mano libera.

 

Al riguardo, è importante sottolineare che quegli aspetti delle verificande (che potevano potenzialmente provare quest’ipotesi esecutiva), sono invece da considerarsi genuini e spontanei. Nella fattispecie, ci si riferisce soprattutto a: tratti rigidi, incerti o giustapposti; disomogeneità del calibro e dell’inclinazione; alternanza tra movimenti rigidi e discontinui e movimenti curvi, elastici e regolarmente collegati.

 

Tutte queste fenomenologie si trovano anche nella grafia del signor dddd. e, vista la loro peculiarità, il fatto che siano condivise dagli scritti confrontati non può che divenire un’ importante prova della loro omografia. Peraltro, a nessuna delle divergenze che pure sono state riscontrate tra la grafia in verifica, datata 05.01.2014 e quella autografa, può essere attribuito un significativo valore probatorio di eterografia. Infatti, le discordanze relative alla velocità di stesura (più stentata e faticosa nel testamento), trovano una corrispondenza nelle autografe più ravvicinate, stese in uno stato psico-fisico di maggiore sofferenza”.

 

Le argomentate conclusioni a cui perviene il consulente tecnico non lasciano spazio a dubbi, e devono essere fatte proprie dal Tribunale, e ciò anche in considerazione della totale assenza di elementi – né dedotti né tanto meno provati dai convenuti – a sostegno della tesi dell’allografia.

 

Non può poi sostenersi che ddd. fosse incapace di intendere e di volere allorché compilò i testamenti.

 

In primo luogo, si rileva la contraddittorietà delle difese dei convenuti che, pur adducendo l’incapacità del de cuius, riferiscono che egli, assistito dai figli, partecipò nel febbraio e marzo 2014 alle assemblee sociali delle società di cui era socio (non solo ddddddr.l., ma anche ddd.), decidendo di dimettersi e di lasciare le cariche di amministratore al fratello per potersi curare con maggiore tranquillità. Se era capace quando compì ed attuò tali decisioni, coerenti con una piena consapevolezza della propria malattia, non si comprende perché avrebbe dovuto non esserlo in precedenza, ossia nel settembre 2011, nell’ottobre 2013 e nel gennaio 2014, quando redasse i testamenti.

 

Anche il contenuto dei testamenti, letterale e sostanziale, mostra che il disponente era lucido e determinato.

 

I certificati medici prodotti in giudizio dalla difesa dei convenuti evidenziano alcune patologie, ma nessuno dimostra che ddd. fosse incapace di intendere o di volere.

 

Decisivo comunque il fatto che i problemi di salute sono sicuramente successivi alla prima scheda testamentaria. Il primo accesso documentato al pronto soccorso risale al 19 ottobre 2011, ddddd si presentò ai sanitari lamentando un dolore alla spalla e al torace (v. doc. 15 allegato alla comparsa di costituzione). Il 22 dicembre 2011, egli si recò nuovamente al pronto soccorso, riferendo giramenti di testa ed una emorragia congiuntivale. La diagnosi fu di “punta ipertensiva verosimilmente da ansia reattiva”. Nel 2012 compì ulteriore accesso al pronto soccorso, ed anche nell’occasione il paziente era perfettamente lucido.

 

Il 17 ottobre 2013, ddddM. fu ricoverato. Nel referto del pronto soccorso si legge che il paziente riferiva da un mese cefalea importante con amnesia, ed altri disturbi. ddddd. fu tuttavia trovato dai medici “lucido e orientato nel tempo e nello spazio”. Fu sottoposto a vari esami (tra cui ddddncefalo) ed anche a visita nEurologica. Fu diagnosticato l’esito di ictus cerebrale, ma le condizioni complessive furono giudicate buone. Si innestò sull’evento suddetto una condizione ansiosa depressiva, certificata dall’ingresso in pronto soccorso del 31 gennaio 2014. E’ però importante osservare che anche in quella occasione non furono accertati deficit nEurologici (v. doc. 10). La situazione peggiorò nei giorni successivi, subendo nel febbraio 2014 importanti fratture a causa di una caduta accidentale, che si accompagnarono all’acutizzarsi di un delirio persecutorio con agitazione psico-motoria. Il decesso intervenne il 28 febbraio 2014.

 

Si deve quindi affermare che la questione di capacità di intendere e di volere del testatore potrebbe porsi con riferimento alla scheda del gennaio 2014, che però – per quanto sopra detto – non contiene legati, non certamente con riferimento al primo testamento del 2011 e neppure alla sua ripetizione dell’ottobre 2013.

 

Si aggiunga che alla documentazione medica sopra indicata, per nulla comprovante l’incapacità naturale di dddd negli anni 2011-2013, non si accompagna la richiesta di alcuna prova orale volta a dimostrare quale fosse la condizione personale del de cuius nel periodo che ci interessa. Anche l’affermazione, contenuta a pag. 16 della comparsa di costituzione, secondo cui B. avrebbe profittato della fragilità emotiva del de cuius, rimane una mera e generica asserzione, priva di qualunque riscontro obiettivo. Il fatto, infine, che la scheda del 2011 sia stata ripetuta nel 2013 non dimostra minimamente una pressione psicologica esercitata dall’attrice sul compagno, ma al contrario la determinazione didddd. di confermare i legati già disposti due anni prima (decisione coerente con il tatto che egli si era separato dalla moglie: fatto riportato dal notaio nel verbale di inventario).

 

Devono essere pertanto respinte le domande con cui i convenuti hanno impugnato i testamenti, invocandone la nullità o l’annullabilità.

 

L’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario non impedisce la condanna all’adempimento dei legati.

 

Ai sensi dell’art. 495 c.c. , gli eredi devono pagare i creditori e i legatari “a misura che si presentano”. Ciò significa che i convenuti avrebbero dovuto pagare i tre legatari appena essi ne fecero richiesta. Nel caso, poi, di incapienza del patrimonio ereditario, gli eredi avrebbero dovuto pagare in base all’attivo a disposizione.

 

L’art. 490 comma secondo n. 2) c.c. limita la responsabilità dell’erede accettante con il beneficio di inventario per il pagamento dei debiti ereditari e dei legati intra vires e cum viribus hereditatis. Questo comporta che la condanna all’adempimento può essere pronunciata, ma in sede esecutiva potrà essere eseguita pignorando i soli beni che compongono il patrimonio ereditario (tra cui, nella specie, le quote sociali), salve le ipotesi di decadenza dal beneficio.

 

Quanto all’azione di riduzione, proposta dai convenuti in via riconvenzionale, basti rilevare l’assoluta genericità dell’allegazione, che impedisce ogni approfondimento della domanda. Invero, i convenuti, né in comparsa di costituzione né alla prima udienza di trattazione e neppure nella prima memoria ex art. 183, 6 co., c.p.c. , hanno fatto menzione della consistenza del patrimonio ereditario e dell’entità della lesione sofferta.

 

E’ appena il caso di ricordare l’insegnamento della Suprema Corte, secondo cui “in materia di successione testamentaria, il legittimario che propone l’azione di riduzione ha l’onere di indicare entro quali limiti è stata lesa la sua quota di riserva, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria nonché il valore della quota di legittima violata dal testatore. A tal fine, ha l’onere di allegare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, ed in quale misura, sia avvenuta la lesione della sua quota di riserva oltre che proporre, sia pure senza l’uso di formule sacramentali, espressa istanza di conseguire la legittima, previa determinazione della medesima mediante il calcolo della disponibilità e la susseguente riduzione delle donazioni compiute in vita dal de cuius” (Cass. civ. 30 giugno 2011, n. 14473).

 

Nella specie, l’inventario esibito in giudizio (v. doc. 19 e 20 allegati alla comparsa di costituzione), oltre a non fare cenno alla consistenza del conto corrente bancario, non attribuisce valore corrente di mercato (ma solo valori nominali) alle partecipazioni sociali. Dunque, anche a volere prescindere dalla genericità della domanda, non vi è modo di comprendere, in base ai documenti prodotti, se e in che misura i legati abbiano leso le quote dei legittimari. Si ripete che era onere degli interessati allegare e provare gli elementi di fatto su cui avrebbe dovuto fondarsi la domanda di riduzione. In difetto, essa dev’essere rigettata.

 

Medesima genericità si riscontra nella domanda di carattere risarcitorio proposta da ddd., la quale ha dichiarato di avere subito “atti intimidatori di minaccia alla propria persona, tentativi di violazione del proprio domicilio, per i quali sono state sporte querele”. Tali fatti non sono stati tuttavia circostanziati né in atto di citazione né nella prima memoria ex art. 183, 6 co., c.p.c. , e tanto meno provati (nessun capitolo di prova è stato formulato su queste vicende nella memoria istruttoria).

 

In conclusione, accertata la ddddd è rigettata.

 

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto del solo parziale accoglimento delle domande proposte dagli attori.

 

dddd. dovranno rifondere agli attori le spese di lite; mentre gli attori dovranno rifondere a dd che non è erede, le relative spese processuali, per averlo convenuto in giudizio senza motivo.

 

L’onorario del c.t.u., come liquidato con separato provvedimento, è posto interamente a carico dei convenuti.

pqm

 

Il Tribunale di Ferrara, definitivamente ddddddd

 

1) accerta la validità dei testamenti olografi di dddd in Bologna dal notaio L.L. di Castiglione dei Pepoli in ddd verbale (rep. (…), racc. ddddddtemente rigetta le domande riconvenzionali dei convenuti;

 

2) dichiara tenuti e condanna Mdddd in qualità di eredi di dd. accettanti con beneficio di inventario, a pagare a titolo di legato a B.ddddd. la somma di Euro 200.000,00, a ddddd. la somma di Euro 50.000,00 e a dd. la somma di Euro 60.000,00;

 

3) rigetta tutte le rimanenti domande degli attori;

 

4) rigetta tutte le rimanenti domande dei convenuti;

 

5) dichiara solidalmente tenuti e condanna Mdddddd. a rifondere agli attori le spese di lite che liquida in Euro 10.245,00, di cui Euro 2.000,00 per fase di studio, Euro 1.000,00 per fase introduttiva, Euro 4.000,00 per fase istruttoria e di trattazione, Euro 2.000,00 per fase decisoria ed il resto per anticipazioni, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge;

 

6) dichiara solidalmente tenuti e condanna gli attori a rifondere a Mddd le spese processuali, che liquida in Euro 3.600,00, di cui Euro 1.000,00 per fase di studio, Euro 800,00 per fase introduttiva, Euro 1.000,00 per fase istruttoria e di trattazione, Euro 800,00 per fase decisoria, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge;

 

7) pone l’onorario del c.t.u., come liquidato con separato provvedimento, interamente a carico dei convenuti Mddddddd

 

Così deciso in Ferrara, il 9 novembre 2016.

 

Depositata in Cancelleria il 16 novembre 2016.