Nuovo appello filtrato: no ad un’interpretazione rigorosa dei requisiti

Le nuove disposizioni sui requisiti dell’appello non pare proprio che autorizzino un’opzione esegetica che, a fronte di un appello formalmente non preciso e puntuale, sacrifica il singolo processo e la sua giusta composizione, in favore della necessità di ridare efficienza e rapidità al complessiva sistema delle impugnazioni, giustificando così una lettura rigorosamente formale dei requisiti dell’atto introduttivo dell’impugnazione, dal momento che le stessa appaiono dirette, nella sostanza, a pretendere la denuncia dell’ingiustizia del provvedimento sotto il profilo ontologico e l’indicazione, sul piano normativo, del contenuto della nuova valutazione richiesta, conservando, così, il compito correttivo dell’appello senza nondimeno consentire l’abuso del processo, di fatto imponendo che l’atto introduttivo dell’appello, in un rapporto dialogico con la sentenza impugnata, individui le questioni di fatto e di diritto che si ritengono risolte male e che se ne indichi la soluzione alternativa, senza tuttavia richiedere la redazione di una vera e propria motivazione alternativa (pur pretendendo che sia precisata la causalità dell’errore di diritto denunciato sulla decisione impugnata) essendo l’appellante onerato solo dell’obbligo di puntualizzare gli errori della sentenza impugnata e di chiarire le correzioni richieste, mettendo in tal modo il giudice di appello nella condizione di comprendere bene quale decisione si pretende di ottenere [Corte di Appello de L’Aquila, seziona lavoro, sentenza del 25.06.2015].

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