Notifica a mezzo posta, tardiva restituzione dell’avviso di ricevimento: risarcibilità del danno?

Anche a prescindere dalla astratta possibilità di configurare, nella tardiva restituzione dell’avviso di ricevimento, un inadempimento contrattuale dell’operatore postale idoneo a giustificare l’eventuale risarcimento del danno (ciò che, anzi, sembra doversi escludere, in considerazione del fatto che, per la notificazione degli atti giudiziari, L. n. 890 del 1982, art. 6 esclude ogni indennità per lo smarrimento dell’avviso di ricevimento e prevede esclusivamente che sia rilasciato un duplicato di esso, il che avalla l’idea che un ritardo nella restituzione a maggior ragione sia irrilevante come fonte di danno, dato che il rilascio del duplicato si colloca necessariamente dopo la scadenza del termine entro cui l’avviso di ricevimento doveva restituirsi), è comunque assorbente in proposito la considerazione che tale risarcimento presupporrebbe, comunque e in ogni caso, la specifica allegazione e la prova di un effettivo e concreto pregiudizio subito dal mittente in conseguenza del suddetto ritardo, pregiudizio che non abbia potuto trovare riparazione mediante il rilascio, senza spese, di un duplicato dell’avviso smarrito (o altro documento comprovante il recapito del piego in formato cartaceo), secondo quanto prevede la L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 6.

 L’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., presuppone che sia dimostrata l’esistenza di danni risarcibili e risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, provarne l’entità nel suo preciso ammontare, ciò che non esime, però, la parte interessata – per consentire al giudice il concreto esercizio di tale potere, la cui sola funzione è di colmare le lacune insuperabili ai fini della precisa determinazione del danno stesso – dall’onere di dimostrare non solo ran debeatur” del diritto al risarcimento, ove sia stato contestato o non debba ritenersi “in re ipsa”, ma anche ogni elemento di fatto utile alla quantificazione del danno e di cui, nonostante la riconosciuta difficoltà, possa ragionevolmente disporre.

 

 

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 10.9.2019, n. 22546