Motivazione della sentenza: il giudice risponde anche implicitamente

Al fine di adempiere all’obbligo della motivazione, il giudice del merito non è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali ed a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata.

Cassazione civile, sezione terza, sentenza del 13.2.2013, n. 3554

…omissis…

Va anzitutto osservato che l’interpretazione delle clausole contrattuali è compito del giudice di merito e, ove rispettosa dei canoni legali di ermeneutica ed assistita da congrua motivazione, non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità, il quale può insistere non sulla ricostruzione della volontà delle parti, ma esclusivamente sull’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare, per l’appunto, se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (Cass., sez. 3^, 31 marzo 2006, n. 7597; v. anche Cass., sez. 3^, 15 febbraio 2007, n. 3468; Cass., sez. 3^, 15 marzo 2005, n. 5624). Sicchè, per sfuggire al sindacato di questa Corte, giudice della legittimità, l’interpretazione fornita dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; con la conseguenza che, allorquando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (così Cass., sez. 3^, 20 novembre 2009, n. 24539).

Ciò posto risulta incensurabile l’operazione interpretativa compiuta dalla Corte territoriale, che ha soffermato la propria attenzione sull’esistenza di un rapporto associativo e sulla clausola di esonero dalla responsabilità dell’associazione per “eventuali furti o danni a natanti o accessori”, cosi da giungere, infine, a ritenere esclusa l’obbligazione di custodia del natante da parte del Circolo Nautico del Savio. Esito, questo, che, peraltro, muove espressamente dalla condivisione del convincimento raggiunto dal giudice di primo grado, la cui decisione la Corte felsinea mostra di apprezzare (riportandone le argomentazioni di fondo) a fronte della censura di parte appellante di mal governo delle emergenze processuali, in forza delle quali, invece, il primo giudice era giunto a considerare (al pari del giudice di secondo grado) pertinenti soltanto all’ambito associativo i diritti ed obblighi delle parti, negando, altresì, che tale conclusione potesse essere messa in discussione dal comportamento complessivo delle parti stesse, in forza di circostanze di fatto (come anche quella della chiusura del Circolo “da una certa ora”, che, però, non impediva ai soci di ottenere comunque la chiave di accesso) che non erano in grado di provare la disponibilità esclusiva in capo al Circolo nautico del “posto-barca”.

Sicchè, alla luce dei principi innanzi richiamati e a fronte dell’apparato argomentativo esibito nella sentenza impugnata, i ricorrenti propongono, alfine, una diversa lettura delle risultanze istruttorie che, però, non è in grado di scalfire l’intrinseca ragionevolezza di quella fornita dal giudice del merito nell’esercizio del potere ad esso spettante di interpretare il negozio giuridico.

6. – Con il quinto mezzo, è dedotta la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, “per non considerazione di questioni dirimenti”; nonchè motivazione omessa circa un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Le circostanze di fatto evidenziate nel precedente motivo (il quarto), sebbene ritualmente dedotte con l’atto di appello, non sarebbero state minimamente considerate dalla Corte territoriale, cosi da rendere la sentenza affetta da nulla o comunque viziata nella motivazione.

…omissis…

6.1. – Il motivo in parte è inammissibile ed in parte è infondato.

Quanto al motivo di nullità della sentenza, per omessa considerazione “di questione dirimenti”, veicolato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, esso è inammissibile non solo perchè non assistito dal relativo quesito ex art. 366 bis c.p.c. (che è necessario formulare, in modo specifico e congruente, anche nel caso di denuncia di errores In procedendo, ove – come nella specie, in cui la sentenza impugnata è stata pubblicata il 12 marzo 2007 – trovi ancora applicazione l’anzidetta norma; cfr., tra le altre, Cass., 21 febbraio 2011, n. 4146), ma anche perchè, ove lo si intenda volto a censurare una omessa pronuncia da parte del giudice di appello, in violazione dell’art. 112 c.p.c., esso si rivolge non già a domande, eccezioni o assunti che richiedano una statuizione di accoglimento o di rigetto (in tal senso, Cass., sez. un., 28 luglio 2005, n. 15781;Cass., 11 febbraio 2009, n. 3357), veicolati dai motivi di gravame, bensi ad allegazioni in fatto ed a mere difese a sostegno della domanda di danno da inadempimento contrattuale proposta dai P..

Là dove, poi, denuncia un vizio di omessa motivazione, il mezzo (sia pure in disparte la sua inammissibilità per inadeguata formulazione del quesito di sintesi, che non da contezza delle specifiche circostanze di fatto controverse, come era invece necessario, anche se detti fatti possano evincersi dal contesto del motivo: Cass., 25 febbraio 2009, n. 4556; Cass., 30 dicembre 2009, n. 27680; Cass., 18 novembre 2011, n. 24255) è comunque infondato, tenuto conto che, al fine di adempiere all’obbligo della motivazione, il giudice del merito non è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali ed a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (tra le molte, Cass., 15 aprile 2011, n. 8767).

La Corte territoriale, senza incorrere in vizi logici e giuridici, ha, infatti, adeguatamente argomentato il proprio convincimento sull’infondatezza della domanda di danni, rilevando, anche sulla scorta di quanto già assunto dal giudice di primo grado in forza del complessivo materiale probatorio, l’insussistenza di un’obbligazione di custodia del natante da parte del Circolo Nautico in ragione natura associativa del rapporto sottostante e della portata dei diritti ed obblighi che lo connotavano. E ciò in risposta proprio alle censure dedotte dagli appellanti in ordine alla errata valutazione delle prove da parte del Tribunale, la cui lettura avrebbe dovuto invece portare, a loro avviso, ad un diverso esito e cioè a ritenere sussistente l’obbligo di custodia in capo all’associazione nautica.

7. – Con il sesto mezzo, assistito da quesito di diritto, è denunciata la violazione dell’art. 1362 c.c..

La Corte territoriale avrebbe mal interpretato la lettera del contratto e in particolare il suo art. 4, giacchè l’obbligo di custodia, peraltro in relazione a non modica somma annuale per l’iscrizione all’associazione, rientra “perfettamente nei fini e negli scopi statutari”, che riguardano “ogni forma di assistenza nautica purchè direttamente connessa al raggiungimento degli scopi del circolo” e lo svolgimento di “qualsiasi attività sportiva e culturale comunque connessa od affine per il raggiungimento dello scopo sociale”.

8. – Con il settimo mezzo, assistito da quesito di sintesi, è denunciata omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Ci si duole che la Corte di appello non abbia tenuto in nessun conto l’art. 4 dello statuto dell’Associazione, ciò traducendosi in un vizio di motivazione della sentenza.

8.1. – I motivi, che vanno esaminati congiuntamente perchè tra loro connessi, non possono trovare accoglimento.

I ricorrenti, infatti, ripropongono, ancora una volta, un’interpretazione della portata dei reciproci diritti ed obblighi, che legavano le parti in causa in forza del vincolo associativo, diversa ed alternativa rispetto a quella, assistita da motivazione adeguata e logica, fornita dal giudice di merito, la quale, lungi dal trascurare il programma associativo, si è formata proprio sul testo dello statuto e del regolamento dell’associazione, oltre che sulla dichiarazione di adesione alla stessa, là dove, inoltre, le censure mettono in risalto elementi del tutto estranei all’obbligo di custodia del natante, giacchè facenti riferimento all’assistenza nautica e all’attività sportiva e culturale.

Sicchè, alla luce dei principi già in precedenza evidenziati (punto 5.1), la motivazione della Corte territoriale (che ha richiamato, in sintesi, proprio il contenuto dell’art. 4 dello statuto, il fatto del versamento di quote annuali e non già di corrispettivi del per prestazioni ricevute, nonchè i punti 2 e 3 del regolamento e la domanda di adesione all’associazione, giungendo a ritenere che tutto ciò delimitasse gli obblighi del Circolo “alla messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo”, ma non concernesse la custodia del natante) non presenta vizi di mal governo dei criteri di ermeneutica negoziale e rimane nell’alveo del corretto esercizio dei poteri esegetici spettanti al giudice del merito.

9. – Con l’ottavo motivo, assistito da quesito di diritto, si prospetta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1322 c.c., in relazione all’art. 1362 c.c..

Ci siduole che il giudice di appello abbia errato nel negare la sussistenza, nella specie, di un contratto di ormeggio, sull’erroneo presupposto che l’esistenza di un contratto di associazione ne implicasse l’esclusione.

9.1. – Il motivo non può essere accolto.

La Corte territoriale, rimarcando l’essenziale valenza del vincolo associativo nella configurazione dei reciproci diritti ed obblighi delle parti, ha comunque individuato quelli del Circolo nella “messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo”, negando però, con motivazione logica ed esauriente (come più volte già posto in rilievo), che tra detti obblighi rientrasse anche la custodia del natante e delle cose ad esso pertinenti.

Sicchè, proprio l’affermata esclusione dell’obbligazione di custodia rende palese l’inconsistenza della censura anche volendo prendere a riferimento il contratto atipico di ormeggio, i cui contenuti di base sono del resto richiamati in quelli che il giudice di appello ascrive come obblighi gravanti sul Circolo Nautico.

Difatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte (richiamata anche dai ricorrenti: tra le altre, Cass., 1 giugno 2004, n. 10484; ma si veda anche Cass., 21 settembre 2011, n. 19201), il contratto di ormeggio, pur rientrando nella categoria dei contratti atipici, è sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale (in mancanza della quale non può dirsi realizzata la detta convenzione negoziale), consistente nella semplice messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo. Peraltro, il suo contenuto può del tutto legittimamente estendersi anche ad altre prestazioni, quali la custodia del natante e/o quella delle cose in esso contenute, restando a carico di chi fonda un determinato diritto (o la responsabilità dell’altro contraente sulla struttura del contratto) fornire la prova dell’oggetto e del contenuto. Il relativo accertamento si esaurisce in un giudizio di merito che, adeguatamente motivato, non è censurabile in sede di legittimità.

E, come detto, proprio l’esistenza dell’obbligo di custodia del natante e delle cose ad esso pertinenti è stata esclusa dalla sentenza impugnata e siffatto accertamento assume un ruolo di centralità nell’economia della decisione.

10. – Con il nono motivo, assistito da quesito di diritto, è prospettata violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1218 c.c., in relazione agli artt. 1768 e 1780 c.c..

Ci si duole che la Corte distrettuale, a fronte di una fattispecie inquadrabile nella categoria del contratto di ormeggio, con obbligo di custodia, e comunque in quello di deposito, non abbia applicato il principio, desumibile segnatamente dall’art. 1780 c.c., per cui, in presenza di un furto di cosa depositata, era onere del depositario inadempiente (nella specie, il Circolo Nautico) di provare che l’evento non fosse dipeso da causa a lui imputabile.

10.1. – Il motivo è inammissibile.

Esso, come del resto altre precedenti censure già respinte, propone, infatti, una qualificazione del contratto che prescinde da quella fornita dalla Corte di appello nell’esercizio, corretto, dei propri poteri di ermeneutica negoziale, muovendo da un presupposto smentito dalla sentenza impugnata – e cioè l’esistenza di un obbligo di custodia del natante gravante sul Circolo nautico senza peraltro censurare intrinsecamente siffatto approdo esegetico del giudice del merito.

11. – Con il decimo mezzo è denunciata omessa pronuncia; violazione dell’art. 112 c.p.c.; nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4

Con l’atto di appello era stato evidenziato che il Circolo del Savio potesse essere ritenuto responsabile per i danni derivati ad essi P. dal furto del motore nautico ai sensi dell’art. 1228 cod. civ., in quanto incaricante dell’impresa di vigilanza “Cities ” che curava il servizio di vigilanza notturna, la quale, in quanto retribuita regolarmente dal Circolo stesso, avrebbe potuto essere qualificata come ausiliaria.

L’omesso esame “di tale mezzo di gravame configura aperta violazione dell’art. 112 c.p.c., e determina, per omessa pronuncia, la nullità della sentenza”.

11.1. – Il motivo (sia pure prescindendo dall’inammissibilità perchè non puntualizza che il mezzo di gravame è stato mantenuto nel giudizio di appello fino al momento della precisazione delle conclusioni: Cass. n. 5087 del 2010, citata) è comunque infondato.

Il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice d’appello è configurabile, infatti, allorchè manchi completamente l’esame di una censura mossa al giudice di primo grado; tale violazione non ricorre invece nel caso in cui il giudice d’appello fondi la decisione su una costruzione logico-giuridica incompatibile con la domanda (Cass., 25 settembre 2012, n. 16254).

Nella specie, appare evidente la reiezione implicita della domanda anzidetta nell’affermazione stessa per cui il Circolo Nautico del Savio non ha in alcun modo assunto obblighi di custodia e, dunque, neppure tramite la società che era addetta al servizio di vigilanza notturna del Circolo stesso; non è quindi apprezzabile il dedotto vizio di omessa pronuncia.

12. – Il ricorso deve, dunque, essere rigettato ed i ricorrenti, in quanto soccombenti, vanno condannati, in solido tra loro, al pagamento delle spese del grado, liquidate come in dispositivo, in favore della parte controricorrente.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso;

condanna P.G. e Pa, in solido tra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore del Circolo Nautico del Savio, che liquida in complessivi Euro 2.100,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

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