Mancata tempestiva costituzione telematica in appello per rifiuto della cancelleria in ragione del mancato pagamento del contributo unificato: rimessione in termini

Nel caso in cui l’appellante notifichi a mezzo PEC l’atto di citazione in appello, provvedendo, però, a costituirsi in giudizio oltre i termini, depositando contestualmente istanza di rimessione in termini, nella quale allega di aver provveduto a spedire tempestivamente la busta telematica per la costituzione in giudizio, ricevendo però dalla cancelleria rifiuto del deposito in ragione del mancato pagamento del contributo unificato, va affermato che è immune da censure la sentenza d’appello che accolga l’istanza di rimessione in termini e che (nel ribadire che la rimessione in termini, ex art. 153 c.p.c., comma 2, presuppone una nozione di “non imputabilità”, della causa di inosservanza del termine, che si identifica nell’esistenza di un fattore estraneo alla volontà dell’interessato) abbia chiarito come la mancata tempestiva costituzione dell’appellante dipese dal fatto che la cancelleria rifiutò l’iscrizione a ruolo ed il deposito dell’atto di appello notificato per mancata indicazione del valore della causa e mancato versamento del contributo unificato, senza avvedersi che l’appellante era stato ammesso con riserva al gratuito patrocinio a spese dello Stato, con conseguente esonero dal pagamento del contributo. Nel caso di specie il rifiuto dell’iscrizione e del deposito dell’atto era sicuramente illegittimo, anche in ragione dell’utilizzazione delle modalità telematiche, visto che ai sensi del D.L. 18 ottobre 2012, n. 170, art. 16-bis, comma 7, convertito con modificazioni nella L. 17 dicembre 2012, n. 221, “il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia”, sicché “da quel momento, essendosi perfezionato il deposito, non residua pertanto alcuno spazio per un rifiuto di ricezione degli atti per irregolarità fiscale degli stessi, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 285”.

Posto che l’istituto della rimessione in termini, tanto nella versione prevista dall’art. 184-bis c.p.c., quanto in quella di più ampia portata prefigurata nel novellato art. 153 c.p.c., comma 2, presuppone la tempestività dell’iniziativa della parte che assuma di essere incorsa nella decadenza per causa ad essa non imputabile, tempestività da intendere come immediatezza della reazione della parte stessa al palesarsi della necessità di svolgere un’attività processuale ormai preclusa, il concetto di immediatezza della reazione non implica come corollario che l’istanza di rimessione debba intervenire, comunque, entro il termine del quale si alleghi essere stata impossibile l’osservanza per causa non imputabile alla parte, dovendo, viceversa, interpretarsi solo come necessità che la parte istante si attivi in un termine ragionevolmente contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del processo.

Cassazione civile, sezione terza, ordinanza del 11.11.2020, n. 25289