Mancata comparizione in udienza e improcedibilità dell’appello

Con riferimento all’art. 348 c.p.c., comma 2 (“Se l’appellante non compare alla prima udienza, benchè si sia anteriormente costituito, il collegio, con ordinanza non impugnabile, rinvia la causa ad una prossima udienza, della quale il cancelliere dà comunicazione all’appellante. Se anche alla nuova udienza all’appellante non compare, l’appello è dichiarato improcedibile anche d’ufficio”) va osservato che, se da un lato il principio del giusto processo è il contraddittorio tra le parti in parità davanti a giudice imparziale, dall’altro la legge deve anche garantire “la ragionevole durata” di tale esercizio del contraddittorio tra le parti e della conseguente attività giurisdizionale. Se una parte, allora, pur avendo dato impulso mediante la proposizione di un’impugnazione ed essersi costituita, per due volte di seguito non compare davanti al giudice, è ragionevole ritenere che l’impulso sia venuto meno, poichè altrimenti si conferirebbe all’appellante la facoltà di rallentare lo svolgimento del processo dopo che questo già per due udienze lo ha “atteso” per lo sviluppo del contraddittorio e la susseguente decisione giurisdizionale: e quindi un siffatto rallentamento supererebbe sine dubio i confini della ragionevole durata del processo. L’unico limite individuabile nell’applicazione di questo canone temporale racchiuso nell’art. 348 c.p.c., comma 2, sarebbe l’esistenza di una sopravvenuta oggettiva impossibilità dell’appellante di comparire in quelle due udienze, ovvero la “causa non imputabile” cui fa riferimento, per i termini perentori, l’art. 153 c.p.c.

 

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 6.3.2019, n. 6439