Locazioni: modifica della domanda da parte dell’intimante in ipotesi di mutamento del rito

L’introduzione di una domanda in aggiunta a quella originaria costituisce domanda “nuova” come tale implicitamente vietata dall’art. 83 c.p.c., atteso che il confine tra quest’ultima e la domanda “modificata” – che, invece, è espressamente ammessa nei limiti dell’udienza e delle memorie previste dalla norma citata – va identificato nell’unitarietà della domanda, nel senso che deve trattarsi della stessa domanda iniziale modificata, eventualmente anche in alcuni elementi fondamentali, o di una domanda diversa che, comunque, non si aggiunga alla prima ma la sostituisca, ponendosi, pertanto, rispetto a quella, in un rapporto di alternatività. Tale principio, destinato ad operare nel rito civile ordinario, deve trovare applicazione anche con riguardo al rito speciale locatizio in virtù del principio secondo cui in tema di controversie in materia di locazione, come disciplinata dalla legge n. 353 del 1990, in base al combinato disposto di cui agli artt. 667 e 426 c.p.c., dopo che il giudice ha disposto il mutamento del rito, è alle parti consentito solamente il deposito di memorie integrative, che non possono contenere domande nuove, a pena di inammissibilità rilevabile anche d’ufficio dal giudice, non sanata neppure dall’accettazione del contraddittorio sul punto, con il solo limite della formazione del giudicato.

Tribunale di Roma, sentenza del 15.11.2019 n. 22188