Locazione e Covid-19: DPCM illegittimi dovevano essere impugnati dal conduttore. No all’obbligo di rinegoziazione.
Stante la illegittimità del provvedimento (DPCM) che di fatto ha creato limitazioni e compressioni dei diritti fondamentali, la parte (conduttore) ben avrebbe potuto (ed, anzi, dovuto) impugnare tale atto, con ciò eliminando in radice le conseguenze che ne sono derivate.
La caducazione avrebbe interessato l’intero DPCM, trattandosi di disposizioni correlate le une alle altre, in un rapporto di stretta connessione che le avrebbe travolte nella interezza.
Si tratta quindi, a ben vedere, non di un danno “da emergenza sanitaria” ma di un danno da attività provvedimentale, che si reputa illegittima, e che la parte non si è attivata in alcun modo per rimuovere e, di conseguenza, eliminarne gli effetti dannosi, che dunque ben avrebbe potuto evitare.
In questa prospettiva appare quindi del tutto errato, ad avviso di questo giudicante, anche invocare concetti quali la buona fede nella esecuzione del contratto da parte del locatore, da cui secondo alcuni — in uno studio in materia di locazioni proveniente dal massimario della Cassazione (relazione tematica n. 56/2020 del 8.7.2020) – si sarebbe fatto addirittura discendere l’obbligo di rivedere le condizioni contrattuali, potendo invece ricondursi le conseguenze subite ad un comportamento omissivo e negligente della parte conduttrice nel non impugnare provvedimenti illegittimi e lesivi dei propri diritti e libertà.