Liquidazione in via equitativa del danno: perimetrazione applicativa

L’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c. ed espressione del più generale potere di cui all’art. 115 c.p.c., da luogo non già ad un giudizio di equità, ma ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla c.d. equità giudiziale correttiva od integrativa, che, pertanto, presuppone che sia provata l’esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare. Non è possibile, invece, in tal modo surrogare il mancato accertamento della prova della responsabilità del debitore o la mancata individuazione della prova del danno nella sua esistenza o anche mandare esente il danneggiato dall’onere della prova del quantum del danno subito. Pertanto, si può ricorrere ad una liquidazione in via equitativa ex art. 1226 c.c. solo nel caso in cui il creditore, su cui grava l’onere della prova del danno, non sia riuscito a dimostrare il quantum poiché ciò risulta obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, ma non anche nell’ipotesi in cui non abbia nemmeno dato la prova dell’esistenza del danno [Tribunale di Pisa, sentenza del 4.6.2015, n. 629].

Scarica qui >>