Licenziamento individuale – rito “Fornero”- requisito dimensionale – onere probatorio.
Pur in assenza di riferimenti al c.d. “Rito Fornero” di cui alla L. 92/12 e nonostante nell’intestazione del ricorso sia operato un esplicito richiamo all’art. 414 c.p.c., e quindi all’ “ordinario” rito del lavoro, il ricorso deve essere qualificato ai sensi della suddetta legge perché chiede la reintegrazione, ossia la tutela reale del posto di lavoro, ottenibile soltanto attraverso il procedimento speciale introdotto dall’art. 1 co. 47 e segg. L. 92/12 e per i casi previsti dal nuovo testo dell’art. 18 L. 300/70.
A seguito dell’entrata in vigore del c.d Rito Fornero (L. 92/2012) Il “c.d. requisito dimensionale” non rileva più soltanto, come prima della riforma, come elemento impeditivo del diritto alla tutela reale del posto di lavoro, elemento che doveva essere eccepito e provato dal datore di lavoro in applicazione della regola di cui all’art. 2697 co. 2 c.c., ma come presupposto per l’accesso al rito speciale che l’art. 1 co. 48 e ss. L. 92/12 ha introdotto esclusivamente per le controversie rientranti nella sfera di applicazione del “nuovo” art. 18 L. 300/70.
La portata del c.d. requisito dimensionale non è dunque più soltanto sostanziale, ma di rito: esso rientra fra i presupposti della disciplina processuale dell’azione, o meglio, di alcune delle azioni previste dall’art. 18 L. 300/70, quindi rientra fra i doveri d’ufficio del giudice verificarne la sussistenza.
Nel caso in cui il Giudice rilevi l’insussistenza del requisito dimensionale, il ricorso ex art. 1, commi 47 e ss, L. 92/2012 deve essere dichiarato inammissibile perché esulante dalla fattispecie dell’art. 18 L. 300/70 [Tribunale Termini Imerese, ordinanza del 31.4.2014].