L’esplicazione della propria attività professionale non legittima l’utilizzazione da parte dell’avvocato di espressioni insultanti o denigratorie

L’illecito disciplinare dell’avere in un atto giudiziale utilizzato espressioni offensive e denigratorie nei confronti di parte sostanziale di un giudizio rimane integrato in ogni ipotesi di violazione da parte dell’avvocato dell’obbligo deontologico di probità, dignità e decoro: sia quando agisca “in qualità diversa da quella professionale”, sia – ed a fortiori – nell’esercizio del suo ministero. L’esplicazione della propria attività professionale certamente non legittima l’utilizzazione da parte dell’avvocato di espressioni insultanti o denigratorie, quale quella nella specie nella suindicata memoria dall’odierno ricorrente formulata (fattispecie nella quale l’avvocato aveva, nell’ambito di procedimento penale redatto memoria recante – tra l’altro – la seguente espressione: “chi ha un male incurabile non sopravvive sette anni e non si presenta in tutti i giudizi così accesa e pimpante a perorare la sua causa, perchè non ne avrebbe le forzi, ma si prepara ad affidare l’anima a Dio, confidando nel suo generoso Perdono”).

 

Cassazione civile, sezioni unite, sentenza del 2.3.2018, n. 4994