La norma che deve essere seguita in sede di interpretazione di disposizione di legge è l’art. 12 delle preleggi

Ai fini dell’interpretazione del quadro normativo, si procede così:

  1. la norma che deve essere seguita in sede di interpretazione di disposizione di legge è l’art. 12 delle preleggi, secondo la quale “Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”;ù
  2. in tale disposizione si rinvengono indicazioni a favore dell’interpretazione letterale, sistematica e teleologica;
  3. “l’intenzione del legislatore”, secondo l’orientamento prevalente in dottrina, va intesa come intenzione del legislatore obiettivata nella norma: l’interprete non può, dunque, ritenersi vincolato a cercare un significato conforme alla “volontà politica” di cui la norma è, storicamente, un prodotto; la legge, una volta approvata, “si stacca” dall’organo che l’ha prodotta e non viene più in rilievo come una “decisione” legata a ragioni e fini di chi l’ha voluta, ma come un testo legislativo inserito nell’insieme dell’ordinamento giuridico;
  4. anche la giurisprudenza della Suprema Corte tende a rifarsi ad una concezione oggettiva in chiave di ratio legis: ai lavori preparatori può riconoscersi valore unicamente sussidiario nell’interpretazione di una legge, trovando un limite nel fatto che la volontà da essi emergente non può sovrapporsi alla volontà obiettiva della legge quale risulta dal dato letterale e dalla intenzione del legislatore intesa come volontà oggettiva della norma (voluntas legis), da tenersi distinta dalla volontà dei singoli partecipanti al processo formativo di essa.

Tribunale Firenze, sentenza del 7.12.2019