La disciplina dei privilegi non trova alcuna deroga per effetto della disciplina in materia di concordato preventivo

Va ritenuto che il riferimento contenuto nell’art. 9, co. 5, d.lgs. n. 123/1998 (in tema di sostegno pubblico alle imprese) alla salvezza dei diritti preesistenti dei terzi non possa essere riferibile ai creditori concordatari complessivamente considerati. Nonostante il richiamo all’art. 45 l.f. nell’ambito dell’art. 169 l.f. porti a parlare di “cristallizzazione del passivo concordatario”, nondimeno non può essere attribuita prater legem (se non addirittura contra legem) alcuna degradazione dal privilegio al rango di chirografo consequenziale all’ammissione del soggetto obbligato alla restituzione del finanziamento ad una procedura concorsuale. Tale interpretazione non solo non è ricavabile dal tenore letterale della norma dell’art. 9 cit., ma è altresì consequenziale al criterio ermeneutico c.d. teleologico, considerato che il privilegio è riconosciuto dal legislatore in ragione della causa del credito. Il privilegio deve, inoltre, essere tenuto distinto rispetto al pegno ed all’ipoteca, cui si riferisce espressamente l’art. 168, co. 3, l.f. (che prevede che possano essere acquisiti i diritti di prelazione su autorizzazione del giudice delegato nelle ipotesi previste dall’art. 167 l.f.). Ne consegue che anche sotto il profilo del coordinamento sistematico degli artt. 167-168 l.f. emerge come la disciplina dei privilegi non trovi alcuna deroga (de iure condito) per effetto della disciplina in materia di concordato preventivo.

Tribunale di Prato, sezione fallimentare, decreto 22.2.2017