Irragionevole durata del processo e spese di lite: successive domande di equa riparazione per il protrarsi della violazione, soccombenza dell’Amministrazione, condanna alle spese

Dovendosi ritenere che anche i giudizi di equa riparazione per violazione della durata ragionevole del processo, proposti ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, non si sottraggono all’applicazione delle regole poste, in tema di spese processuali, dall’art. 91 c.p.c., trattandosi di giudizi destinati a svolgersi dinanzi al giudice italiano, secondo le disposizioni processuali dettate dal codice di rito, la totale soccombenza dell’Amministrazione dovrebbe comportare la condanna della stessa al pagamento delle spese giudiziali. La proposizione di successive domande di equa riparazione per violazione del termine ragionevole di durata di un medesimo processo, in conseguenza del protrarsi della violazione anche nel periodo successivo a quello accertato con una prima decisione, costituisce esercizio di una specifica facoltà prevista dalla legge ed è funzionale al perseguimento delle sue finalità, postulando essa il riconoscimento dell’equo indennizzo in relazione alla durata dell’intero giudizio, dall’introduzione sino alla pronuncia definitiva (principio, questo, ovviamente applicabile nella previgente disciplina dell’equa riparazione, prima delle modificazioni introdotte dal D.L. n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012). Pertanto, tale condotta non integra gli estremi di un abuso del processo o di un esercizio del diritto in forme eccedenti o devianti rispetto alla tutela dell’interesse sostanziale, in violazione del principio di lealtà processuale previsto dall’art. 88 c.p.c. e del giusto e sollecito processo, stabilito dall’art. 111 Cost. dunque, se nel caso concreto si deve escludere che la condotta processuale in questione integri gli estremi di un abuso del diritto, si deve parimenti escludere che la stessa integri gli estremi di un giusto motivo per la compensazione, anche solo parziale, delle spese giudiziali.

 

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 18.3.2016, n. 5425