Irragionevole durata del processo, domanda di equa riparazione, proponibilità subordinata alla preventiva definizione giudizio, stabilità 2016: la questione di legittimità è infondata

La L. n. 89 del 2001, art. 4 laddove subordina la proponibilità della domanda di equa riparazione per l’irragionevole durata di un processo alla condizione della sua preventiva definizione, non può essere disapplicato dal giudice in forza della pronuncia di incostituzionalità di cui a C. Cost. n. 30 del 2014, da questa evincendosi che la norma resta legittima, sia pure ad tempus, in attesa della riscrittura del legislatore; adempimento legislativo che deve ritenersi realizzato con la recente L. n. 208 del 2015, che ha innovato la materia prevedendo un articolato sistema di rimedi preventivi (v. art. 1-ter) alla violazione della Convenzione, il ricorso ai quali è presupposto per azionare il procedimento d’equa riparazione (art. 1-bis, comma 2). Tali rimedi, che intervengono a monte per impedire la stessa formazione d’un ritardo, hanno assolto al monito formulato dal richiamato precedente della Corte costituzionale e mutato il relativo quadro normativo di riferimento, nell’ambito di quella discrezionalità politica che il giudice delle leggi ha ritenuto esercitabile per adeguare l’istanza nazionale ai principi convenzionali così come elaborati dalla Corte EDU. È pertanto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, L. n. 89 del 2001. Altra la valutazione d’efficienza concreta (peraltro ancora tutta da verificare) di tale sistema di rimedi preventivi, che non è rimessa al giudice neppure al limitato fine dello scrutinio di non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità.

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 1.7.2016, n. 13556