Irragionevole durata del processo, creditori, dies a quo: rileva il decreto di ammissione al passivo

In tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la nozione di procedimento presa in considerazione dall’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali include anche i procedimenti fallimentari. Tuttavia, se si tratta dei creditori, occorre aver riguardo, quale dies a quo, al decreto con il quale ciascuno di essi è stato ammesso, in via tempestiva o tardiva (artt. 97, 101 e 99 L. fall.), al passivo (irrilevante, invece, rimanendo, rispetto alla ragionevole durata della procedura fallimentare, il momento in cui il presunto creditore abbia proposto la domanda di ammissione al passivo, che, al più, può valere ai fini della ragionevole durata del procedimento di accertamento della pretesa, a norma degli artt. 92 ss. L. fall.). Solo dal momento dell’ammissione, infatti, i creditori, effettivamente riconosciuti come tali, subiscono gli effetti della irragionevole durata dell’esecuzione fallimentare nella quale si sono insinuati, rimanendo, per gli stessi, irrilevante, la durata pregressa della procedura, alla quale sono rimasti, fino a quel momento, estranei, salvo che per gli accantonamenti nei riparti parziali, a norma dell’art. 113 L. fall., i quali, tuttavia, richiedono o una misura cautelare in sede di opposizione ovvero l’accoglimento dell’opposizione con decreto non ancora definitivo.

 

Cassazione civile, sezione seconda, ordinanza del 15.10.2018, n. 25679