Interruzione del processo, riattivazione, tempestività, vizio di notifica, integrazione del contraddittorio

Verificatasi una causa d’interruzione del processo, in presenza di un meccanismo di riattivazione del processo interrotto, destinato a realizzarsi distinguendo il momento della rinnovata edictio actionis da quello della vocatio in ius, il termine perentorio di sei mesi, previsto dall’art. 305 c.p.c., è riferibile solo al deposito del ricorso nella cancelleria del giudice, mentre l’eventuale vizio da cui sia colpita la notifica dell’atto di riassunzione e del decreto di fissazione dell’udienza non si comunica alla riassunzione (oramai perfezionatasi), ma impone al giudice, che rilevi la nullità, di ordinare la rinnovazione della notifica medesima. Dalla tempestività della riassunzione del processo dichiarato interrotto allorché il corrispondente ricorso, recante gli elementi sufficienti ad individuare il giudizio che si intende far proseguire, sia stato depositato in cancelleria nel termine semestrale previsto dall’art. 305 c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis, anteriore alla modifica apportata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69), deriva la necessità per il giudice del merito di disporre, ove l’atto di riassunzione sia stato notificato solo ad alcune delle controparti, l’ordine di integrazione del contraddittorio nei riguardi del suddetto terzo, già chiamato in causa dal convenuto in garanzia.

 

Cassazione civile, sezione prima, ordinanza del 7.9.2017, n. 20895