Impugnazione dello stato passivo fallimentare, omessa notificata al fallito: quali conseguenze?

In tema di impugnazioni dello stato passivo fallimentare, la disciplina transitoria contenuta nel D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, art. 22 si applica ai procedimenti per la dichiarazione di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore (1 gennaio 2008) ed alle procedure concorsuali e di concordato fallimentare aperte dopo tale data; ne consegue che, così come il ricorso per opposizione allo stato passivo depositato dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 ma in data anteriore al 1 gennaio 2008 deve essere notificato anche al fallito, secondo la previsione della sola disciplina normativa del D.Lgs. n. 5 cit., pure la corrispondente impugnazione, ai sensi dell’art. 99 L. Fall. ratione temporis vigente, andava notificata a tale soggetto, che, tuttavia, non è un litisconsorte necessario del curatore, essendo la sua presenta unicamente finalizzata all’eventuale apporto volontario di elementi utili alla decisione.  Al fallito la norma attribuisce dunque solo la facoltà di essere sentito, correlata ad un potere discrezionale e motivato del giudice, secondo un principio di audizione riproduttivo di quello vigente, ex art. 485 cod. proc. civ., nel processo esecutivo singolare. Avendo perciò il predetto adempimento il valore di semplice denuntiatio litis, la sua omissione, in difetto di specifica diversa disposizione, non costituisce causa di inammissibilità dell’impugnazione, dovendo il tribunale disporre unicamente la rinnovazione dell’atto mancante [Cassazione civile, sezione prima, sentenza del 13.7.2015, n. 14592].

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