Impugnazione con citazione o ricorso, forme del rito seguito in primo grado: in caso di forma errata, l’atto di impugnazione notificato o depositato oltre il termine può essere sanato?

Va dato seguito all’indirizzo secondo cui in tema di impugnazioni, alla luce del principio di ultrattività del rito, la proposizione dell’appello deve conformarsi alle forme del rito seguito in primo grado; ne consegue che, in controversia trattata con il rito del lavoro, l’inammissibilità dell’impugnazione, perché depositata in cancelleria oltre il termine di decadenza previsto dell’art. 434, secondo comma, c.p.c. e, in caso di mancata notifica della sentenza, nel termine di cui all’art. 327, primo comma, stesso codice, non trova deroga con riguardo all’ipotesi in cui l’appello sia stato irritualmente proposto nella forma della citazione, ancorché questa sia suscettibile di convalidazione a norma dell’art. 156, ultimo comma c.p.c., trattandosi di inosservanza di un adempimento prescritto a pena di decadenza, dal quale deriva il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado. Dunque, seppure l’erronea proposizione dell’appello con citazione anziché con ricorso (in una delle materie soggette al rito del lavoro) non è di per sé ostativa all’ammissibilità dell’impugnazione – per il principio generale di sanatoria dell’atto nullo idoneo al raggiungimento dello scopo (art. 156 c.p.c.) – ciò non può in ogni caso incidere sul principio di intangibilità del giudicato: qualora infatti, per la forma errata dell’atto di impugnazione prescelta dal soccombente, l’impugnazione venga notificata alla controparte (in caso di appello da proporsi con citazione) o depositata presso la cancelleria del giudice di secondo grado (in caso di appello da proporre con ricorso) dopo il termine ultimo previsto dalla legge per impugnare tempestivamente la pronuncia di primo grado, non vi è spazio per l’operatività del principio di sanatoria dell’atto nullo ex art. 156 c.p.c. poiché sulla decisione impugnata si è formato il giudicato [Tribunale di Milano, sezione prima, sentenza del 3.12.2014, n. 14393].

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