Illecito disciplinare e prescrizione

Si confermano i seguenti principi:

–        per un verso, in tema di illecito disciplinare degli avvocati, il regime più favorevole di prescrizione introdotto dalla L. n. 247 del 2012, art. 56, il quale prevede un termine massimo di prescrizione dell’azione disciplinare di sette anni e sei mesi, non trova applicazione con riguardo agli illeciti commessi prima della sua entrata in vigore e, ciò perché le sanzioni disciplinari contenute nel codice deontologico forense hanno natura amministrativa sicché, da un lato, con riferimento alla disciplina della prescrizione, non trova applicazione lo jus superveniens, ove più favorevole all’incolpato, restando limitata l’operatività del principio di retroattività della lex mitior alla fattispecie incriminatrice ed alla pena, mentre, dall’altro lato, il momento di riferimento per l’individuazione del regime della prescrizione applicabile in sede disciplinare rimane quello della commissione del fatto e non quello della incolpazione;

–        per altro verso, la pretesa punitiva esercitata dal Consiglio dell’Ordine forense in relazione agli illeciti disciplinari commessi dai propri iscritti ha natura di diritto soggettivo potestativo che, sebbene di natura pubblicistica, resta soggetto a prescrizione, dovendo escludersi che il termine di cui all’art. 51 del RDL possa intendersi come un termine di decadenza, insuscettibile di interruzione o di sospensione, specificandosi che la previsione, da parte del citato art. 51 di un termine quinquennale di prescrizione, mentre delimita nel tempo l’inizio dell’azione disciplinare, vale anche ad assicurare il rispetto dell’esigenza che il tempo dell’irrogabilità della sanzione non venga protratto in modo indefinito, perché al procedimento amministrativo di inflizione della sanzione è da ritenere applicabile non già la regola dell’effetto interruttivo permanente della prescrizione sancito dall’art. 2945, comma 2, c.c., bensì quello dell’interruzione ad effetto istantaneo di cui al precedente art. 2943 c.c., con la conseguente idoneità interruttiva anche dei successivi atti compiuti dal titolare dell’azione disciplinare in pendenza del relativo procedimento.

Cassazione civile, sezioni unite, sentenza del 19.6.2023, n. 17480