Il patto di determinazione del compenso avvocato deve essere redatto in forma scritta: conseguenze in materia di prove

Posto che ex art. 2233 c.c., comma 3, il patto di determinazione del compenso deve essere redatto in forma scritta, sotto pena di nullità, si osserva che la norma non può ritenersi implicitamente abrogata dalla L. n. 247 del 2012, art. 13, comma 2, che stabilisce che il compenso spettante al professionista sia pattuito di regola per iscritto; infatti, secondo l’interpretazione preferibile, la novità legislativa ha lasciato impregiudicata la prescrizione contenuta nell’art. 2233 c.c., comma 3 in quanto la norma sopravvenuta non si riferisce alla forma del patto, ma al momento in cui stipularlo: essa, cioè, stabilisce che il patto deve essere stipulato all’atto del conferimento dell’incarico. Chiarito che il requisito formale è prescritto a pena di nullità, valgono le regole generali: a) la scrittura non può essere sostituita da mezzi probatori diversi, neanche dalla confessione, né è applicabile il principio di non contestazione; b) ai sensi dell’art. 2725 c.c., la prova testimoniale è ammissibile nella sola ipotesi dell’art. 2724 c.c., n. 3, di perdita incolpevole del documento; c) l’inammissibilità della prova, diversamente da quanto avviene quando il contratto deve essere provato per iscritto è rilevabile d’ufficio e può essere eccepita per la prima volta anche in cassazione.

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 8.9.2021, n. 24213