Il nuovo atto di appello motivato deve possedere il requisito dell’autosufficienza…e riguarda anche la materia tributaria.
L’atto dimpugnazione nell’appello avverso le decisioni della Commissione Tributaria di primo grado, presuppone l’applicazione diretta, al procedimento tributario, del principio di cui all’art. 342 c.p.c.
L’appellante deve indicare le ragioni per le quali ritiene che debba essere modificata la ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado, sottoponendo a una critica specifica le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata. Deve, inoltre, esporre, sempre in maniera specifica, le ragioni per cui ritiene esservi stata un’inesatta ricostruzione della fattispecie sotto il profilo giuridico, indicando le conseguenze che ne derivano ai fini della decisione. In altri termini l’appellante dovrà:
a) indicare i passi della sentenza non condivisi, se non trascrivendoli integralmente, almeno riassumendone in maniera chiara e sufficientemente specifica il contenuto;
b) esporre i motivi specifici di dissenso, indicando gli errori, anche di diritto, e omissioni in cui è incorso il giudice di primo grado;
c) esporre, sulla scorta di essi, un “ragionato progetto alternativo di decisione”.
In altri termini, tenuto anche conto del riferimento dell’art. 342 c.p.c. alla “motivazione”, il nuovo atto di appello assume un aspetto contenutistico assimilabile a quello della sentenza, ossia deve possedere, il requisito dell’autosufficienza [Commissione Tributaria, Reg. Basilicata Potenza, sezione seconda, sentenza del 9.12.2013, n. 293 con nota di AVENTAGGIATO].