Il Giudice deposita telematicamente due sentenze: vale la prima o la seconda (“necessitata” da un problema tecnico connesso alla fase di invio telematico della sentenza)?

La sentenza viene materialmente ad esistenza nel momento in cui il Presidente estensore trasmette la stessa in formato elettronico per via telematica mediante PEC.

Con la pubblicazione, ovvero il suo deposito in cancelleria, la sentenza diventa immodificabile ed irrevocabile da parte del giudice che l’ha pronunciata e ciò anche laddove tale sentenza risulti affetta da una nullità assoluta ed insanabile, equiparabile all’inesistenza del provvedimento medesimo: con riferimento, ad esempio, all’omessa sottoscrizione della sentenza da parte del giudice, la nullità, in quanto non coperta dal giudicato formale, può essere fatta valere, anche al di fuori dell’impugnazione nello stesso processo, con un’autonoma azione di accertamento, non soggetta a termini di prescrizione o decadenza, ovvero in via di eccezione, ed altresì in sede di opposizione all’esecuzione; tuttavia ad essa non può ovviarsi, dopo il deposito in cancelleria, attraverso l’integrazione dell’originale mediante le sottoscrizioni dei giudicanti, in quanto alla pubblicazione della sentenza fa riscontro la consumazione del potere – dovere del giudice adito di pronunciare sulla domanda oggetto della decisione.

A fronte di una sentenza già redatta, ritualmente trasmessa in formato elettronico per via telematica mediante PEC, munita della firma digitale del Presidente estensore, non sussiste più la possibilità per il giudice di esprimersi nuovamente.

 

 

 

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 23.08.2016, n. 17279