Il C.T.U. può avvalersi di collaboratori?

Il consulente tecnico d’ufficio può avvalersi di collaboratori, ancorché non preventivamente autorizzato.

 

Cassazione civile, sezione seconda, sentenza del 16.9.2016, n. 18247

 

…omissis…

 

Svolgimento del processo

 

X proponeva appello alla sentenza del Tribunale di Massa, che aveva respinto la domanda proposta contro E. s.r.l. per ottenere la rescissione per lesione ultra dimidium ex art. 1448 c.c., del contratto 3.7.1992, integrato con scrittura 13.1.1993, con cui aveva promesso di cedere ad E. la quota pari al 50% del complesso immobiliare in omissis, dell’omonima azienda con attività di pensione e di altra azienda di gestione della colonia diocesana, denominata omissis, con attrezzatura e mobilio, il tutto a corrispettivo della prestazione cui si era obbligata la società, costituita dall’adempimento degli impegni economici relativi al concordato fallimentare proposto dalla stessa X, dichiarata fallita con sentenza omissis. L’appellante lamentava l’acritico recepimento delle valutazioni del c.t.u., che aveva delegato a terzi alcuni incombenti ed aveva commesso errori, per cui chiedeva il rinnovo della c.t.u. mentre E. insisteva per il rigetto della impugnazione ed in subordine per la restituzione delle somme versate.

La Corte di appello di Genova, con sentenza 1.9.2011, rigettava il gravame, con condanna alle spese, richiamando la diffusa e convincente motivazione del primo giudice sulla non ravvisabilità della sproporzione rilevante ex art. 1448 c.c., sulla base della c.t.u. nè era rilevante che un sopralluogo fosse stato compiuto da un collaboratore del consulente, autorizzato ad avvalersi di ausiliari e responsabile esclusivo della stima.

Non era necessario procedere al rinnovo della c.t.u..

Ricorre la X con due motivi, resiste E.

Le parti hanno presentato memorie.

 

Motivi della decisione

 

Col primo motivo si denunzia insufficiente motivazione sull’assenza del requisito della sproporzione da lesione ultra dimidium con recepimento acritico della c.t.u. che aveva tra l’altro stimato una delle due aziende in misura di molto inferiore al valore e per essersi il c.t.u. avvalso di collaboratori anzicchè svolgere gli accertamenti di persona.

Col secondo motivo si lamenta omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per non avere la Corte di appello motivato sulla ritenuta assenza dei requisiti del suo stato di bisogno e della conoscenza ed approfittamento di detto stato da parte della convenuta.

Ciò premesso si osserva:

La sentenza, come dedotto, ha richiamato la diffusa e convincente motivazione del primo giudice sulla non ravvisabilità della sproporzione rilevante ex art. 1448 c.c., sulla base della c.t.u. nè era rilevante che un sopralluogo fosse stato compiuto da un collaboratore del consulente, autorizzato ad avvalersi di ausiliari e responsabile esclusivo della stima.

Non era necessario procedere al rinnovo della c.t.u..

La sentenza ha precisato a pagina dieci che l’assenza di sproporzione era stata ricavata dal primo giudice in base alle puntuali ed articolate indicazioni fornite dal c.t.u., più volte aggiornate in corso di causa nelle integrazioni scritte via via predisposte.

Rispetto a tale statuizione le odierne censure sono in parte nuove avendo la sentenza risposto ai motivi di gravame che, nel criticare l’operato del c.t.u., chiedevano una nuova consulenza.

Sul primo motivo è sufficiente osservare che si manifesta mero dissenso rispetto alla decisione impugnata riproponendo una generica critica con richiesta di riesame del merito.

Questa Corte ha statuito che il c.t.u. può avvalersi di collaboratori ancorchè non preventivamente autorizzato (Cass. 15.72009 n. 16471) mentre nella specie vi era l’autorizzazione ed il c.t.u. era responsabile esclusivo della stima.

Il secondo motivo resta assorbito perchè, una volta esclusa la sproporzione, manca uno dei requisiti che congiuntamente legittimano l’azione di rescissione che non è ammissibile se la lesione non eccede la metà del valore, e la controricorrente replica che la P. stipulò l’impugnata convenzione non perchè si trovasse in stato di bisogno ma perchè ritenne più conveniente questa soluzione.

Donde il rigetto del ricorso con condanna alle spese.

 pqm

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese liquidate in Euro 8200 di cui Euro 8.000 per compensi, oltre accessori.